Villalta: storia di un'infanzia e di un silenzio
Viviamo tutti nella stessa epoca, ma non siamo uguali gli uni agli altri. A segnarci, a renderci unici, è la storia personale di ciascuno, quella dei fatti apparentemente piccoli della nostra infanzia, che si lega e si somma alla storia con la esse maiuscola rendendoci unici. Così accade al protagonista di "Bestia da latte" (Sem editore), ultimo romanzo di Gian Mario Villalta, insegnante, scrittore, poeta e direttore artistico di Pordenonelegge.
Viviamo tutti nella stessa epoca, ma non siamo uguali gli uni agli altri. A segnarci, a renderci unici, è la storia personale di ciascuno, quella dei fatti apparentemente piccoli della nostra infanzia, che si lega e si somma alla storia con la esse maiuscola rendendoci unici. Così accade al protagonista di "Bestia da latte" (Sem editore), ultimo romanzo di Gian Mario Villalta, insegnante, scrittore, poeta e direttore artistico di Pordenonelegge.
Vive la sua infanzia nel Nordest alla fine degli anni ’60: "Un mondo contadino che abbiamo lasciato alle spalle molto in fretta, tanto che - come ha spiegato Villalta a Lignano, la sera di giovedì 24 agosto, all’interno della manifestazione "Incontri con l’autore e con il vino" - quel mondo oggi appare così lontano da non aver lasciato traccia, perché siamo tutti famiglie da Mulino Bianco. Ma quel mondo è la mia vita, sebbene non esista più neanche come ricordo nelle persone. E’ sparito".
Era il mondo contadino dei campi e delle case con adiacente stalla, delle famiglie grandi, dove la sposa andava nella famiglia dello sposo con suoceri, nonni, qualche cognato non sposato, qualche altro in giro per il mondo a lavorare ma coi figli lasciati ai nonni. Capita così anche al protagonista del romanzo: nasce in una famiglia con nonni, genitori e un cugino, Giuseppe, la cui madre è andata via, donna che si anticipa femminismi e libertà.
La storia del cambiamento della società e quella della vita del protagonista sono i binari su cui scorre la trama. Così nel libro il legame tra due cugini, che ad un certo punto si incrina e conosce la violenza maschia della prevaricazione, si cala nel cambiamento di un’epoca che ha seppellito la società contadina nel momento in cui le stalle "hanno cominciato a puzzare". Un’epoca di transizione in cui i ragazzi, prima bestie da carne, diventano altro. Capita anche al protagonista, che si appassiona alla scuola, allo studio e ai libri e, quasi estraneo al suo stesso mondo, si fa bestia da latte.
Le vite dei due si dividono ma quel rapporto incrinato col cugino Giuseppe e gli atti subiti gli restano dentro, chiusi in un silenzio mai condiviso. Tutto riemerge in occasione del funerale di uno zio. Il passato risgorga, gravido di domande e proteso al futuro non proprio ma del figlio: come evitargli sofferenze e traumi?
Da carne o da latte ogni bestia, ogni persona è formata dagli episodi vissuti: detti, nascosti, piccoli o grandi eventi. Come ha spiegato Alberto Garlini, altro coordinatore della Festa del libro con gli autori, del passato pur condiviso ciascuno ha una memoria personale. Farne letteratura è un’arte.
"Non sono i miei ricordi - ha precisato Villalta - i fatti miei non sarebbero un libro; sono la mediazione di quanto è stato e quanto io ricordo sullo sfondo di un mondo che non c’è più".
S.V.
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