Spilimbergo: si completa il presepe di mosaico
Si conclude in quest’anno 2024, a Natale, la realizzazione del Presepio di mosaico di Spilimbergo, ideato da Alessandro Serena, che non ha confronti nella produzione musiva contemporanea: cinquanta figure a grandezza naturale invadono piazza Duomo
Si conclude in quest’anno 2024, a Natale, la realizzazione del Presepio di mosaico di Spilimbergo, ideato da Alessandro Serena, che non ha confronti nella produzione musiva contemporanea: cinquanta figure a grandezza naturale invadono piazza Duomo: la Sacra famiglia, gli Arcangeli, le Virtù teologali, le personificazioni dei Continenti, i tre Profeti e gli Evangelisti, ma anche - non potrebbero mancare - i pastori con le loro pecore, oltre alle ultime figure nuove e una sequenza di angioletti musicanti, librati in alto, contro le sagome cupe degli alberi e le mura possenti del castello che fanno da sfondo alla piazza.
Una festa di colore, un turbinio di luce che, nel lungo buio delle sere prossime al solstizio invernale, potrebbe far dimenticare la complessa stratificazione di aspetti simbolici e di valenze formali di questo presepio, che è insieme antico e moderno, che affonda le sue radici in una tradizione millenaria, iconografica ed estetica, riproponendola con una forza rinnovata che ne fa, ancor prima che una creazione artistica, un atto di fede.
Non è certamente un presepio "normale", anche se è puntuale l’aderenza ai testi sacri.
Due dei dodici gruppi rappresentano la storia della Chiesa, imperniata sulla venuta del Messia, che è prima annunciata da tre Profeti dell’Antico Testamento, Michea, Isaia e Geremia, poi narrata dagli Evangelisti. L’accostamento Profeti-Evangelisti riprende un parallelismo tra Antico e Nuovo Testamento che risale alle origini dell’iconografia cristiana, attraversa i secoli e, per non andare troppo lontani, è spesso presente nei cicli ad affresco d’epoca rinascimentale che decorano diverse chiese della destra Tagliamento. Suggestivo il fatto che l’impalcatura gerarchica degli affreschi rinascimentali di quella "via maestra della pittura" nello spilimberghese abbia nutrito la scelta iconografica di Serena. Al simbolismo medievale rimandano anche le figure delle Virtù teologali: Fede, Speranza e Carità, concetti astratti personificati in immagini femminili. Basterebbe ricordare la presenza delle tre virtù alla base, reale e simbolica insieme, del pulpito di Giovanni Pisano per il duomo di Pisa. O ricordare anche l’importanza che esse assumono nella Commedia dantesca, in cui si riflette la visione cristiana così come è indagata e formalizzata dalla teologia scolastica, che considera queste virtù come imprescindibili per la salvezza umana. Altrettanto si potrebbe dire per gli Arcangeli, concepiti come ministri di Dio, e per gli Angioletti musicanti. Virtù e angeli rappresentano quindi la struttura per così dire concettuale del mondo celeste, danno concretezza alla costruzione teologica dell’empireo cristiano, all’architettura immateriale e astratta che impalca il mondo ultraterreno. Inserirli in un presepio moderno è addirittura un azzardo, tanto è lontana dalla sensibilità religiosa del nostro tempo quella disposizione così intellettualistica che viene dal medioevo, e che però è ancora alla base della teologia cristiana.
Il presepio ospita anche San Francesco, a cui si deve l’invenzione del presepio stesso, ma che è qui soprattutto perché rappresenta una religiosità autentica, che si poneva, allora come oggi, in modo rinnovato di fronte al sacro e, allora come oggi, è un modello per la scelta anticonformista di povertà e di servizio ai più umili.
San Francesco ci riporta al mondo terreno, e a questo alludono le cinque figure femminili che rappresentano i Continenti e portano in dono ciascuna il suo frutto: l’Europa l’uva, l’Asia il melograno, l’America il mais, L’Oceania il kiwi, l’Africa i datteri. Anche qui si può cercare un precedente nella storia dell’arte: viene in mente il grande salone affrescato da Tiepolo nella residenza di Würzburg, dove i Continenti, ancora solo quattro, partecipano alla gloria del principe elettore. Qui invece le donne - che siano donne non è casuale - si rivolgono non al potere terreno ma al Bambino e sottolineano così l’universalismo, la dilatazione ecumenica, potremmo dire globale, del messaggio cristiano. Il piano della realtà contingente e fin dell’attualità si salda così con quello della teologia e della storia sacra, si saldano l’impalcatura ontologica dell’Essere e il mondo terreno, la metafisica e la storia, lo spirito e il corpo, verrebbe da dire, con un’ampiezza di visione che è insolita per l’arte sacra attuale e rimanda piuttosto al passato, ai vasti cicli che scrivono la Parola sulle pareti delle chiese, divenute biblia pauperum. E tutto ciò senza che il presepio, nonostante la sua complessità simbolica e culturale, perda l’immediatezza narrativa dei presepi tradizionali, quella capacità di stupire e raccontare insieme, anche con qualche accenno aneddotico, che ci riporta all’infanzia e che sempre ci affascina - mancano solo il bue e l’asinello, e forse non è un caso.
Chiara Tavella
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