Pnlegge 17 settembre: Ilaria Tuti è.... fiore di roccia
Giovedì 17 settembre ore 15.00 Spazio Galvani Alberto Garlini presenta "Fiore di roccia" di Ilaria Tuti, romanzo dallo sfondo storico dedicata alle portatrici carniche
Giovedì 17 settembre ore 15.00 Spazio Galvani Alberto Garlini presenta "Fiore di roccia" di Ilaria Tuti.
E’ un romanzo dallo sfondo storico, da settimane nelle classifiche dei libri più letti. "Premio montagna" Cortina 2020.
Ilaria Tuti, friulana di Gemona del Friuli, con questo libro ha inteso dare voce e omaggiare tante donne, spesso dimenticate, che hanno sacrificato tutte se stesse, a volte fino alla morte, per i propri uomini, i soldati, la Patria.
Donne forse poco conosciute al di fuori del Friuli o di chi frequenta la storia della Prima guerra mondiale: le portatrici carniche.
Donne di montagna avvezze a percorrere i monti della Carnia per far fieno, raccogliere legna.
Ilaria Tuti ambienta il romanzo in luoghi e tempi ben determinati, anche se affrettati questi ultimi. L’apparato storico geografico è fedele a quanto ha tramandato la storia.
L’autrice ha cambiato i nomi, inventato la vicenda di una portatrice, Agata Primus, che odia la violenza, da qualsiasi parte venga, e salva un nemico.
Per i soldati e i medici tra le trincee le portatrici sono fiori di roccia, quelle stelle alpine che i soldati pongono sui primi pacchi con la biancheria da lavare che affidano alle portatrici. Un atto gentile, segno di amicizia, gratitudine, amore in mezzo all’infuriare della battaglia.
"C’è un’espressione felice che racconta la tenacia di questa stella alpina: noi la chiamiamo ’fiore di roccia’." Il capitano Colman annuisce. "È questo che siete. Fiori aggrappati con tenacia a questa montagna. Aggrappati al bisogno di tenerci in vita".
Le portatrici, spose, madri, figlie bambine, sorelle portano munizioni, viveri all’andata, ritornano con corpi feriti o privi di vita. A valle scavano anche un cimitero per quei corpi.
Agata Primus, simbolo di tante fatiche di donne, nonostante il tradimento per il nemico salvato, salverà anche se stessa, andrà per il mondo e ritornerà nel suo Friuli quando nel 1976 la terra tremerà.
Al Museo della Grande guerra di Timau ci hanno riferito che molti telefonano per avere informazioni sui sentieri delle portatrici e ripercorrerli.
A Ilaria Tuti, incontrata recentemente a Porcia in villa Dolfin, abbiamo chiesto come hanno accolto la vicenda delle portatrici quelli che non ne avevano mai sentito parlare. "Molto bene, innamorati di una storia che pare quasi epica, da far conoscere ai giovani. Una storia di coraggio al femminile, poche ancora purtroppo le storie di donne raccontate, anche nei testi scolastici. Gli alpini hanno ricordato la Maria Plozner Mentil, la portatrice morta in battaglia".
Chiediamo come mai pur avendo cambiato i nomi dei protagonisti dei fatti bellici ha chiamato Janes il medico, quando in realtà Janes era il nome del cappellano militare sul Pal Piccolo, molto noto nella nostra Diocesi, poiché originario di Polcenigo. "Ho voluto omaggiare alcune figure particolari, non entrando nel loro privato: ho dato il nome del cappellano al medico, di sacerdote poi ce n’era un altro. Inoltre sacerdote e medico sono sempre uomini che salvano la vita".
m.l.g.a
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