Maria si racconta in prima persona nel volume "Lei" di Mariapia Veladiano
Lei: Maria di Nazareth racconta la sua vicenda umana in presa diretta. Così ce la spiega l'autrice Mariapia Veladiano: un libro di studio, coraggio, umanità
E' l’autrice di "Lei" un libro in cui Maria di Nazaret racconta in modo diretto la sua incredibile storia: specchio di ogni maternità, eppure unica in tutta la storia dell’umanità. É Maria Pia Veladiano, vicentina, una laurea in filosofia e una in teologia, per vent’anni insegnante di lettere e oggi dirigente scolastica, scrittrice da tempo affermata: premio Calvino nel 2010 con Stile libero; premio Strega nel 2011 con La vita accanto. Tra i suoi romanzi: Il tempo è un dio breve e Una storia quasi perfetta. Collabora con Repubblica e Il Regno. Con il romanzo Lei ha osato raccontare in prima persona la vita di Maria.
Quanto coraggio ci vuole a scrivere un libro su Maria usando la prima persona singolare?
Sono stata avvantaggiata dal fatto di aver scritto un romanzo. Anche se ho una licenza in Teologia, ho scelto di ricorrere alla narrativa perché consente di non chiudere il cerchio della domanda, a differenza della teologia che deve dire come stanno le cose, deve definirle. La narrativa invece non delinea, lascia sfumature.
Una fantasia o un’esigenza?
A dire il vero non avevo proprio in programma di farlo, anche se da tempo andavo scrivendo qualcosa. Accantonavo riflessioni su Maria, frammenti piccoli e disarticolati. Ci sono episodi che da sempre mi accompagnano: l’Annunciazione ad esempio. Poi, quando ho scritto "Il tempo è un dio breve" una suora, una suora straordinaria come poi ho conosciuto, mi ha avvicinato e mi ha detto: ’Lei dovrebbe proprio scrivere un romanzo, ma non una di quelle cose devote, proprio un romanzo’. Quella frase mi ha lavorato dentro per un bel po’. Ed è nato il libro.
Una suora: si può dire di più?
Suor Maria Marcellina Pedico, un’esperta di Maria (insegna alla Facoltà Teologica Marianum di Roma, è membro dell’Associazione mariologica interdisciplinare italiana, fa parte del Consiglio direttivo della Pontificia Accademia Mariana Internazionale ndr.).
Quindi un lavoro che parte da lontano.
Ci è voluta la pazienza di andare scrivendo e mettere da parte riflessioni, impressioni, sull’onda delle scritture.
E ci è voluto quanto studio?
Studio, sì certo, ma devo riconoscere che da quando ho cominciato a scriverlo, questo libro, non ho studiato più. Non volevo che mi rimassero cose degli altri, nessuna interferenza. Ho seguito questa figura straordinaria, Maria, così come ritratta da Lorenzo Lotto (è pure l’immagine di copertina ndr.): una quasi bimba che attende il bimbo. Quello che tutto il popolo ebraico attendeva, lei lo porta dentro di sé.
Lei scrive del coraggio dei due sì di Maria. Ce lo spiega?
Un aspetto su cui mi sono sempre arrovellata: come poteva Maria dire di sì all’angelo se era già impegnata con Giuseppe e come poteva Dio chiedere a Maria che era già impegnata con Giuseppe?
Qual è la risposta?
Lo dice Maria stessa nel libro: "C’è Giuseppe… per tutto il tempo dell’Angelo ho avuto Giuseppe accanto… ascoltavo l’Angelo e pensavo a lui… Solo chi non sa niente dell’amore può pensarmi sola il giorno dell’Angelo". Il sì di Maria all’angelo viene proprio per il fatto di avere Giuseppe, non contro di lui ma con lui.
Ci è voluta anche tanta confidenza con Maria per farla parlare direttamente?
Sì, ma devo dire che è molto facile se la si prende dal punto di vista dell’umano. Cito Alessandro Zaccuri, il quale dice che noi siamo frettolosi di portare tutti in cielo. È successo anche per Maria, che ancora oggi viene anche troppo strumentalizzata. Ci sono modalità che non condivido proprio. E non lo dico contro le persone devote, ma contro coloro che monopolizzano Maria.
Come è questa Maria che dice: "Troppa enfasi per una madre. È il figlio che fa la madre". È così umile?
No, è semplicemente umana. È così che vanno le cose: è il figlio che ti rende madre.
Maria sapeva fino a che punto?
Maria sapeva tutto: si diceva. La vecchia affermazione è stata smontata dalla Teologia. Si parla di una consapevolezza graduale. Ed è, lo ripeto, molto simile a quanto accade ad ogni madre che impara suo figlio via via.
Maria ha delle sensazioni, intuizioni… A Nicodemo dice: "Anche lui non sa… Non ha finito ancora di diventare figlio".
Sì. Vale anche per l’avversione per i chiodi, tema ricorrente nel libro che si manifesta fin dall’inizio e non si spiega se non con quelle intuizioni che le madri sentono senza comprendere appieno.
Non c’era il rischio di renderla troppo umana?
No, non l’ho avvertito questo rischio. È come se fossi convinta che la perfezione dell’umanità è nel divino. E Maria è perfetta in questo.
Aspetta l’angelo sotto la croce, ma l’angelo non viene. Anche Maria è sola e sperimenta la delusione?
Maria per tutta la vita è circondata dagli angeli. Non c’è solo nell’Annunciazione. Ma quando si è trattato della crocifissione non ho potuto mettercelo l’Angelo. Sarebbe stata come una sacra rappresentazione, tutto troppo facile. Maria, invece, è una madre che perde il figlio e in quel modo. Nessuna consolazione è possibile, quindi nessun Angelo compare sotto la croce. Non c’è consolazione immediata per un figlio che muore. La madre, ogni madre, non ha che dolore.
Che impatto ha avuto il libro sugli ambienti religiosi?
È andato bene. L’Osservatore Romano come l’Avvenire ne hanno scritto bene e molto riscontro mi è venuto, con mia sorpresa, da più sacerdoti. Da quelli anziani in particolare, che ancora leggono molto e anche romanzi.
Lei usa la prosa e anche la poesia nel libro.
Mi è stata indispensabile. La prosa non basta per certi momenti speciali, come nella Natività con tutti gli angioletti che accorrono, confusionari come bambini impazienti di vedere il bambino.
Con questo libro dimostra che la fede può ancora entrare nella letteratura?
Per me sì, anche se ho scritto anche libri diciamo laici. Ma sì, certo che può. Anche se la strada non è molto battuta e siamo in pochi a farlo.
Siamo a un festival letterario: ha un libro nel cassetto?
Io dico sul secondo tavolo. Ho sempre un paio di cose per le mani. C’è una storia: non uscirà subito ma ci sto lavorando. È un romanzo sul tema della fragilità. La protagonista è una donna.
Simonetta Venturin
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