Il libro di Pietro Angelillo: "Guerra e pane"
Pietro Angelillo e Sigfrido Cescut: due giornalisti pordenonesi alle prese con uno Uno spaccato di vita italiana che prende spunto dal Friuli.Lo scontro tra classi sociali che portò quasi a una guerra fucile e al fascismo
“Guerra e pane” è il nuovo libro di Pietro Angelillo e Sigfrido Cescut, i due giornalisti pordenonesi che da anni scrivono, assieme, di storia contemporanea. Il volume, edito dall’Anpi e dal Circolo della Stampa di Pordenone, è stato presentato in anteprima domenica 20 giugno a Piancavallo.
Il volume sviluppa un concetto di carattere universale: la povertà e i disordini sociali provocati dalle guerre e dalle pandemie, partendo da gravi episodi che si sono verificati in Friuli tra il 1914 il 1924, e prendendo in considerazione soprattutto Pordenone e dintorni, con particolare riferimento alla Pedemontana. Grazie a documenti scritti e fotografici spesso inediti la zona tra Aviano e Spilimbergo costituisce il paradigma di uno stato di cose che trovò eco alla Camera dei deputati.
“Guerra e pane” si avvale delle prefazioni di Fulvio Salimbeni, docente di Storia Contemporanea all’Università di Udine, e di Loris Parpinel, presidente dell’Anpi provinciale pordenonese, e della postfazione del Circolo della Stampa di Pordenone.
Molto intenso nella narrazione e nell’analisi, tende a dimostrare che i mali della guerra sono tremendamente identici: rovine, lutti, fame, lotte per la sopravvivenza. Nel caso specifico descrive premesse, sviluppi, conseguenze drammatiche del primo conflitto mondiale in una società lacerata da scontri politici e di casta, in una delle zone strategiche nevralgiche dell’Europa.
Il risultato è una delle storie più tormentate di quel tremendo periodo, nel contesto provinciale, regionale, nazionale, internazionale. La ricerca delle fonti e il loro confronto ci offrono uno spaccato raccapricciante della realtà di ieri e di quella di oggi, relativo all’Italia e ad altre aree globali, con tanti episodi, tante immagini, e un’amara conclusione: dai mali del passato abbiamo imparato poco o niente. Il mondo soffre ovunque la malacultura della sopraffazione costantemente alimentata da conflitti, rivendicazioni, risse, interessi, odio, genocidi. Una tendenza che non si ferma nemmeno di fronte alle pandemie mondiali generatrici anch’esse, come le guerre guerreggiate, di lutti, disparità sociali, povertà.
«Nulla di nuovo, purtroppo - commentano tra l’altro gli autori – né allora né oggi. Eppure basterebbe conoscere il passato, per scegliere di diventare migliori».
La dimostrazione viene da storie locali terribili, nel contesto provinciale, regionale, nazionale, internazionale, con una ricerca condotta dal 2017 in Archivi di Stato, della Camera dei deputati, di associazioni e privati, dei Comuni di Aviano, Trieste e Pordenone, di giornali dell’epoca e anche attraverso lettere, diari e foto.
Il risultato è uno spaccato della realtà sociale, economica e politica in Italia, dove la collisione di una classe dirigente conservatrice e una massa di diseredati rasentò quasi una guerra civile, con occupazione di fabbriche e campagne, milioni di disoccupati, 150 morti, oltre 400 feriti ed emigrazione diffusa, aprendo le porte allo squadrismo e alla dittatura fascista.
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