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Dal friulano Toni Capuozzo: "Piccole Patrie"

Strenna di Natale: Toni Capuozzo "Piccole patrie", edizione Biblioteca dell’immagine.

Dal friulano Toni  Capuozzo: "Piccole Patrie"

Strenna di Natale: Toni Capuozzo "Piccole patrie", edizione Biblioteca dell’immagine.
Da leggere tutto d’un fiato per chi, in questo periodo natalizio che trascorreremo prevalentemente in casa, ama arricchirsi interiormente con le pagine di un giornalista e autore di libri che ha tanto da dire, con una fluente sintassi che trascina il lettore.
Libro da leggere anche lentamente, qualche pagina al giorno, facilitati dall’essere una raccolta di articoli dagli anni ottanta in poi.
"Piccole patrie" di un giornalista "per caso", partito dalla gavetta, correttore di articoli, guida turistica. A Toni il giornalismo ha dato la possibilità di vivere le sue due grandi passioni: scrivere e viaggiare.
Benché la sua grande patria sia il Friuli, si è sempre sentito a casa in tutte le tante parti del mondo dove si è trovato a seguire cronaca, spesso di guerra. Da Roma a quella sua Sarajevo, che cita sempre quasi con amore, nonostante le tragedie vissute.
Patria come padre: "E come puoi voler bene a una patria come questa nostra Italia, così scassata e modesta, così difettosa e ingrata? Io le voglio bene come a mio padre: proprio con l’affetto che si deve a chi ha i suoi difetti, che assomigliano ai miei, con l’abbraccio con cui si va incontro alle bellezze sciupate, agli accenti famigliari anche quando straparlano. Straparlano in una lingua che è la mia lingua madre, l’italiano. Ma ho imparato, con puntigliosità, anche il friulano. Perché ho scelto, nella babele di accenti della mia famiglia di essere friulano".
"Nelle crisi della mia vita il mio bene rifugio è stato il Friuli, e rifugio inevitabilmente riporta a sentieri di montagna, a odori di pece e di fieno, di polenta e formaggio fresco, di legna e caminetto (anche "il mattone" a dire il vero rimanda a una passione che non ha mai abbandonato i friulani che emigravano: costruirsi una casa al paese). A lungo, è stato tutto il mio mondo. Quel cerchio di montagne che chiudevano l’orizzonte, e là c’erano le colonie di Cimolais e Anduins e Piani di Luzza. L’arco delle colline e la pianura che scendeva fino al mare".
Gli articoli sono datati, ma Capuozzo resiste alla tentazione di correggerli.
Così ne "La setta di Pordenone, Dolce vita, giugno 1988" ritroviamo una Pordenone industriale, senza radici, senza un cuore antico, poco culturalmente sviluppata.
Ricche le pagine sul terremoto del Friuli che scrive nel 2009 in "Lo sciame dei ricordi" quando è appena avvenuto il terremoto dell’Aquila. "Dovrebbero farsi raccontare da gente come Biasutti e Zamberletti un po’ di cose".
Non possiamo tralasciare: "La Quiete prima della tempesta, Il Foglio, 6 febbraio 2009". Capuozzo scrive de La Quiete, l’ospizio di quand’era bambino e di quel mondo gioioso attorno a piazza primo maggio, il santuario delle Grazie, lo zucchero filato da piccino, i primi amori adolescenziali. La caserma dell’Ottavo alpini che furono ad Herat, dove li raggiunse Toni. "Non mi sarei mai voluto occupare di Eluana (...) Mi toccasse di avere un mio caro, su quel letto, non saprei cosa fare, anche se fossi depositario di una volontà testamentaria".
"Lettera ai ragazzi del Cro, giugno 2008". "Sono uscito dal vostro reparto non guarito dalle mie paure, ma capace di affrontarle meglio nel mio piccolo".
Maria Luisa Gaspardo Agosti

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