Un coro angosciato di badanti che si prendono cura di noi pensando a chi è sotto assedio
Oggi di quelle donne le Ucraine vivono un dolore forse ancora più grande di quello vissuto nel lasciare il proprio Paese: la guerra. Alcune sono tra noi e pensano ai loro cari lontani sotto i bombardamenti, altre erano rientrate temporaneamente ed ora faticano a lasciare l’Ucraina per portare con sé i figli e altre donne. Gli uomini non possono venire sono precettati per il fronte.
Quando frequentavamo elementari e medie per noi l’Ucraina era "Il Granaio d’Europa". Abbiamo imparato a conoscere le donne dell’est, Ucraina, Romania, Moldavia circa vent’anni fa quando hanno iniziato a lasciare i propri Paesi per trovare lavoro in Italia. "Badanti", tante allora come oggi, custodi dei nostri anziani. Sono arrivate dopo viaggi faticosi, lunghi tanti giorni, in pullman. Prima nelle grandi città, rischiando anche la tratta verso la prostituzione, poi nelle province più piccole, fino ai luoghi più sperduti delle nostre montagne. Sono arrivate tramite il passaparola che assicurava un posto di lavoro. A casa lasciavano bambini piccoli, mariti e anziani. Tempi molto faticosi per loro nei primi anni, anche per le comunicazioni. Fortunate quelle che avevano trovato una famiglia accogliente. Organizzavano tanti pacchi con viveri e vestiario da mandare nei Paesi d’origine. Ritornavano a casa per le ferie sempre con viaggi estenuanti. Col passare del tempo, qualcuna ha potuto viaggiare in auto, oggi anche in aereo. Nel frattempo i figli sono cresciuti grazie a madri tanto forti.
Oggi di quelle donne le Ucraine vivono un dolore forse ancora più grande di quello vissuto nel lasciare il proprio Paese: la guerra. Alcune sono tra noi e pensano ai loro cari lontani sotto i bombardamenti, altre erano rientrate temporaneamente ed ora faticano a lasciare l’Ucraina per portare con sé i figli e altre donne. Gli uomini non possono venire sono precettati per il fronte.
Abbiamo ascoltato le voci di alcune Ucraine tra noi, le voci di alcune famiglie che tentano un contatto con la badante in Ucraina. Raccontiamo la storia di queste donne indicandole solo con l’iniziale del nome, nel rispetto del loro dolore, anche perché alcune che abbiamo sentito sono totalmente chiuse nel pianto, come M., da molti anni badante a Pordenone, che non riesce che a piangere.
L. era partita per Kiev per festeggiare il compleanno del figlio adolescente, il 21 febbraio. Subito dopo l’invasione: è scappata, portando con sé il figlio, una nipote e due sorelle. Un breve contatto telefonico con una signora pordenonese venerdì 25, poi si lasciano con una frase di L. "Non ci sentiremo più finché non avremo attraversato la frontiera". Quale? L. è arrivata a Pordenone lunedì 28 "sfatta", anche 30 km a piedi.
N. è in Italia da vent’anni. In Ucraina ha un figlio che lavora con persone in difficoltà. Malati di Aids, sieropositivi... Non vuole lasciare il suo Paese, è un patriota, ma N. ha visto troppa corruzione in Ucraina. In Italia ha imparato a rispettare le regole, perciò non vuole rientrare nel suo Paese. Nonostante ciò la nostra telefonata con lei si conclude con una frase molto forte: "L’Ucraina vincerà, amiamo molto la nostra terra. Spero e prego perché fallisca il tentativo d’invasione. Quando parla il nostro Presidente con tanto coraggio, si vede che soffre".
L. è rumena di un paese a 80 km. da Iasi, una bellissima città, la capitale della cultura della Romania. Vive in Italia da vent’anni. Iasi le università prima di Bucarest, molti anche dall’Ucraina hanno studiato lì. L. ascolta ogni giorno i canali tv nazionali rumeni, ci racconta di molti ucraini che si mettono in contatto con amici di Iasi, conosciuti anche cinquant’anni fa, chiedendo aiuto, ospitalità. Il Governo ha chiesto alla popolazione rumena di mettere a disposizione dei profughi anche una sola stanza e così L. ha detto di fare ai suoi figli che vivono in Romania. "In Romania - continua - gli Ucraini arrivano anche a Suceava, molto vicina alla frontiera con l’Ucraina. Ovunque sono stati allestiti centri di accoglienza. Discoteche, centri culturali, palestre sono state attrezzate con brande e materassi per accogliere i profughi. Alle frontiere i profughi i rumeni hanno preparato cibo e bevande calde. Dall’ Ucraina fuggono donne e bambini, gli uomini combattono. Chi resta? Solo i vecchi perché non possono camminare a lungo".
Una donna moldava che lavora tra noi nei vigneti ci racconta che le riferiscono da casa che nel suo Paese si sentono gli spari che provengono dall’Ucraina.
A Leopoli vive M., badante a Pordenone, in questi giorni in ferie al suo Paese. Ci racconta la famiglia presso la quale lavora che M. a Leopoli si sentiva sicura. Poi la decisione di andare a Kiev per ritornare in Italia. Ora è bloccata nella capitale.
Potremmo raccontare molte altre storie di queste donne coraggiose. Ci fermiamo qui. A loro va tutta la nostra solidarietà nella speranza che il loro dolore, frutto della follia degli uomini, possa cessare presto.
Maria Luisa Gaspardo Agosti
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