L’esempio per arginare il trionfo del nichilismo
Vuoto culturale, delega educativa, giustificazionismo: i ragazzi non si fidano più
Quando i lettori vedranno questo articolo, è possibile che l’eco di quanto accaduto a Colleferro, dove un gruppo di giovani ne ha aggredito un altro provocando la morte di Willy, un ragazzo intervenuto a difesa di un amico, si sarà forse, purtroppo, spenta.
Il caso, non isolato nelle sue caratteristiche più generali, ha acquistato un’attenzione particolare da parte dei media per alcuni suoi aspetti: vittima del tutto indifesa per corporatura e natura, aggressori già ben noti per atti di violenza sistematica, cultori di arti marziali, che hanno manifestato, immediatamente dopo l’aggressione mortale, sentimenti di indifferenza e derisione e di presunzione di impunibilità.
Un tempo la differenza dei corpi e dei visi, nella corporatura, nei sorrisi o nei ghigni che è stata trasmessa dai media avrebbe creato unanimità di posizioni. Ora si è manifestata una minoranza che parteggia per Golia, esercita un narcisismo specchiandosi nei simboli del male, compresi i selfie minacciosi.
Non è la "solita" rissa finita male. C’è il "fascino" del male, la violenza fisica come espressione di sé, la prevaricazione sull’altro. L’identità virtuale di una persona costruita attraverso foto selezionate, like, post, musica condivisa e commenti, rischia spesso di trasformarsi da apertura di sé verso gli altri nel suo contrario: una esibizione individuale narcisistica. Lungi dall’uscire da sé verso gli altri, l’io digitale riduce gli altri a spettatori.
La vera ossessione del nostro tempo: l’identità. Sul piano individuale ciascuno di noi, chi più chi meno, tende a inseguire e a investire sull’identità personale in chiave narcisistica e a dipendere con ansia dal riconoscimento e dal giudizio altrui. Nel lavoro, nello studio, nella vita sentimentale, nei rapporti familiari, ovunque aspiriamo a ottenere dagli altri la conferma della nostra versione al meglio.
La stessa ansia, la stessa tensione al riconoscimento, al giudizio si estende oltre i confini del singolo, coinvolgendo per intero la società. E’ un cambiamento che comincia a riguardarci sempre più da vicino, che trova sponda e spazio nell’indifferenza di molti e nella mancata condanna, quando non nella vicinanza, di esponenti e parti politiche.
Bisogna vedere quali sono gli esempi, i riferimenti!
Il punto e l’origine di tutto sono i vuoti culturali, l’analfabetismo emotivo, la delega genitoriale unita al giustificazionismo.
E chi doveva o dovrebbe o dovrà provvedere?
Basterebbero il linguaggio, le parolacce, i comportamenti, i litigi (propinati anche dalla televisione e dai personaggi ospitati o da altri personaggi "simbolo"), tollerati, scusati, giustificati, condivisi anche in nome di una libertà di espressione, il tutto copiato e ben espresso da bambini e ragazzi, senza che nessuno intervenga. "Tutti nasciamo Originali, ma molti muoiono Fotocopie" (Carlo Acutis, Beato, morto di leucemia a 15 anni).
Quali sono gli esempi, i riferimenti, i valori, le regole e chi li ispira, chi li sottolinea? E a farlo talvolta si è derisi, presi in giro, fuori dal tempo. Importante è "avere il bicchiere in mano". Le parole di un operatore di un Servizio Sociale: "Ormai si considerano esaurite le possibilità di intervento!". Non è pessimismo, ma rassegnazione mista a delusione e indifferenza, nichilismo che ci pervade. Ce li siamo cercati e meritati.
E ora i genitori, i ragazzi, i giovani non si "fidano" più. Di niente e di nessuno. Ancora nichilismo!
E ancora una volta serve l’empatia, la parola, il gesto, la relazione, l’esempio.
Ma è così difficile darsi tutti una "mossa"!
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