Codiv-19: l'isolamento è la miglior prevenzione
Già a fine dicembre le autorità cinesi segnalarono, nella città di Wuhan, un caso di focolaio di polmonite da cause ignote. Ricordi l’eroico medico Li Wenliang che, non creduto, ha lanciato l’allarme e poi s’è ammalato ed è morto? Da allora la crescita è stata esponenziale
coronavirus sono una complessa famiglia di agenti virali con genoma a RNA con filamento singolo. Hanno forma sferica con un diametro di 80-160 nm. La loro superficie è costellata di particolari aculei o spikes, delle glicoproteine antigeniche che danno loro l’aspetto a corona.
Questi virus furono isolati, negli anni sessanta, nelle cavità nasali dell’uomo, ma circolano abitualmente anche negli animali, come pipistrelli, uccelli e mammiferi.
Sono responsabili di malattie di pericolosità assai diversa. Infatti, possono provocare un semplice raffreddore, mentre, in altri casi, diventano aggressivi e letali.
E’ il caso della sindrome respiratoria acuta (SARS) del 2003 (774 morti) o della sindrome respiratoria mediorientale (MERS) del 2012 (858 decessi).
Questo nuovo ceppo di coronavirus cinese, non presente prima nell’uomo, è noto con la sigla di 2019-nCoV, ma ribattezzato oggi dall’OMS Sars-CoV-2. Non è raro che alcuni virus, comunemente circolanti tra gli animali, grazie a mutazioni evolutive, riescano ad adattarsi al sistema immunitario umano.
L’ipotesi è che dai pipistrelli, serbatoio iniziale, il virus sarebbe passato a un ospite intermedio, forse quel funesto serpentaccio dalla lingua biforcuta, che oltre alla mela avvelenata, ci ha appioppato questa seconda catastrofe. E ciò sarebbe avvenuto per mutazioni dell’antigene virale (spike) o per una sorta di adattamento che ha favorito il passaggio del virus dagli animali all’uomo (zoonosi).
Già a fine dicembre le autorità cinesi segnalarono, nella città di Wuhan, un caso di focolaio di polmonite da cause ignote.
Ricordi l’eroico medico Li Wenliang che, non creduto, ha lanciato l’allarme e poi s’è ammalato ed è morto?
Da allora la crescita è stata esponenziale. Se a metà gennaio erano confermati circa 500 casi, già il 25 erano saliti a duemila, e a diecimila alla fine del mese. Per raggiungere i 28.000 il 5 febbraio, 37.000 tre giorni dopo e 73.000 il 18 febbraio (giorno di stampa del giornale ndr.). Di questi, oltre ottomila sono gravi. Con un aumento percentuale giornaliero degli infetti in calo costante dal 20% di fine gennaio al 14% ai primi di febbraio fino al 6% al 10 di questo mese. Mentre il 12 compare un picco del 33%, dovuto questo a un diverso criterio di diagnosi da parte della sanità cinese (ai test positivi si aggiungono tutti i casi con diagnosi clinica conclamata).
Al 18 febbraio i decessi totali ammontano a 1.873. Di questi ben due terzi sono uomini, quasi tutti over 60 anni e con almeno una concomitante patologia rilevante.
L’incubazione di questo virus va da due a dodici giorni.
La trasmissione avviene attraverso particelle di saliva di persone già colpite, come pure mediante una stretta di mano e anche con il contatto con superfici contaminate come maniglie o interruttori. Qui il virus può sopravvivere fino a nove giorni.
Ma muore stecchito se usi alcol etilico, acqua ossigenata o ipoclorito di sodio.
La sintomatologia può limitarsi a una lieve forma simil-influenzale con febbre, congiuntivite e mialgie o complicarsi con una grave polmonite, insufficienza renale e morte.
La letalità complessiva, al momento, si attesta sopra il 2%, comunque un valore inferiore al 9.6% della SARS o al 34.4% della MERS. Nella regione cinese di Hubei la letalità è vicina al 3%, ma nel resto della Cina (38 morti su 10.560 casi) è solo dello 0.36%, con quasi il 16% di guarigioni.
L’unica prevenzione resta l’isolamento di ogni soggetto sospetto che manifesti febbre e congiuntivite. Gli antibiotici non hanno efficacia, come in tutte le patologie virali e non esistono, al momento, altri farmaci efficaci come pure nessun vaccino specifico che, prevedibilmente, non sarà disponibile prima di almeno un anno.
Walter Bruni
Medico di base
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