Lo Psicologo
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Sguardi sulla solitudine

E’ di questi giorni la notizia che il governo inglese ha creato un ministero per combattere la solitudine. E noi come siamo messi davanti a questa situazione che coinvolge molte più persone di quelle che forse immaginiamo?

E’ di questi giorni la notizia che il governo inglese ha creato un ministero per combattere la solitudine. Compito del ministero sarà quello di occuparsi di un aspetto che in Inghilterra, ma non solo, sta assumendo proporzioni e conseguenze sociali preoccupanti: un anziano su due over 75 vive da solo e può passare giorni se non settimane senza interazioni sociali.
Nel dibattito che questa notizia ha comportato anche in Italia si è opportunamente posto l’accento sulle differenze sociali e famigliari che distinguono il nostro Paese da quello anglosassone e si è quindi sottolineato che i legami famigliari e non solo esercitano ancora un ruolo determinante contro la possibilità di emarginazione diffusa e di isolamento.
Provando ad entrare un po’ più nel merito dal punto di vista psicologico e lasciando ai sociologi il compito di indagare e spiegare il fenomeno nella sue dinamiche collettive, mi pare interessante notare come gli inglesi abbiano nel loro vocabolario due termini per indicare la solitudine: solitude e loneliness. Mentre la seconda parola indica proprio "il sentirsi solo, soffrire la solitudine", la prima rimanda invece al "guardarsi dentro, all’essere da soli con se stessi". Credo che questa differenziazione ci aiuti a cogliere la complessità di questa esperienza e ci consenta di introdurre un elemento determinante collegato alla solitudine intesa come "solitude" e cioè l’aspetto creativo della solitudine.
Il pediatra e psicoanalista inglese (sarà un caso?) Donald Winnicot ha indagato e concettualizzato questi aspetti osservando proprio i bambini e le dinamiche psicologiche che li coinvolgono. Egli definì la solitudine dei bambini libera dal carattere del ritiro e fatta di momenti privati e silenziosi come "raffinatissima forma di maturità" e base della creatività e della spontaneità infantili. Chiunque abbia avuto a che fare con dei bambini anche molto piccoli avrà avuto modo di notare come essi alternino momenti di totale isolamento e di immersione in un mondo immaginario e giocoso alla necessità di recuperare un contatto che rinnovi l’ incontro. Questa alternanza tra percezione dell’assenza e verifica rassicurante della presenza caratterizza l’esperienza dell’ essere "solo alla presenza della madre" che è una delle prime forme di solitudine. Proprio il poter sperimentare progressivamente questa esperienza consente al bambino di interiorizzare l’affidabilità dell’ambiente e delle relazioni significative. Inoltre inizierà a scoprire, con sempre maggiore soddisfazione, il proprio farsi persona, il proprio mondo interno, la possibilità di vivere il vuoto come una opportunità di riempimento e non solo come un eventualità angosciante e spaventosa.
Nel lavoro presso il Consultorio Noncello Onlus capita spesso di incontrare persone adulte che, nella dolorosa e sofferente condizione della solitudine interiore (loneliness), chiedono proprio quello che Winnicot ha indicato e cioè di poter trovare qualcuno che stia con loro mentre affrontano l’essere soli con uno sguardo e con delle parole che, alla giusta distanza, rassicurino e lascino liberi di essere ciò che si è.

Federico Carniello
Psicologo e psicoterapeuta
Consultorio Noncello

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