Viaggio del Papa in Ungheria: incontro con Orban
Papa in Ungheria: incontro autorità, “dove sono gli sforzi creativi per la pace?”, “l’Europa è fondamentale” (Foto Vatican Media / Sir)
“La pace non verrà mai dal perseguimento dei propri interessi strategici, bensì da politiche capaci di guardare all’insieme, allo sviluppo di tutti: attente alle persone, ai poveri e al domani; non solo al potere, ai guadagni e alle opportunità del presente”. Lo ha ribadito il Papa, nel suo primo discorso in Ungheria, rivolto alle autorità, alla società civile e al Corpo diplomatico. “In questo frangente storico l’Europa è fondamentale”, la tesi di Francesco: “Perché essa, grazie alla sua storia, rappresenta la memoria dell’umanità ed è perciò chiamata a interpretare il ruolo che le corrisponde: quello di unire i distanti, di accogliere al suo interno i popoli e di non lasciare nessuno per sempre nemico”. “È dunque essenziale ritrovare l’anima europea”, l’appello del Papa: “l’entusiasmo e il sogno dei padri fondatori, statisti che hanno saputo guardare oltre il proprio tempo, oltre i confini nazionali e i bisogni immediati, generando diplomazie capaci di ricucire l’unità, non di allargare gli strappi”. “In questa fase storica i pericoli sono tanti; ma, mi chiedo, anche pensando alla martoriata Ucraina, dove sono gli sforzi creativi di pace?”, la domanda provocatoria, dopo le citazioni dei padri fondatori dell’Europa sul suo ruolo insostituibile in questo campo.
INCONTRO CLERO UNGHERESE
“State attenti al chiacchiericcio: sembra una caramella, molto dolce all’inizio ma che crea molto danno”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, incontrando il clero nella concattedrale di Santo Stefano. “Cerchiamo di non essere rigidi, ma di avere sguardi e approcci misericordiosi e compassionevoli”, l’invito ai sacerdoti: “l’atteggiamento di Dio è vicinanza, compassione, tenerezza”. “Quanti testimoni della fede ha avuto questo popolo durante i totalitarismi dello scorso secolo”, ha esclamato Francesco citando il beato Janos Brenner, ucciso a soli 23 anni durante la persecuzione nazista. Stare vicino “ai cristiani perseguitati, ai migranti che cercano ospitalità, alle persone di altre etnie, a chiunque si trovi nel bisogno”, l’altra raccomandazione del Papa, che tra gli esempi di santitàha menzionato quello di san Martino: “Il suo gesto di dividere il mantello con il povero è molto più che un’opera di carità: è l’immagine di Chiesa verso cui tendere, è ciò che la Chiesa di Ungheria può portare come profezia nel cuore dell’Europa: misericordia e prossimità”. Poi la menzione di Santo Stefano, nella concattedrale che ne conserva le reliquie: “Egli, che per primo affidò la nazione alla Madre di Dio, che fu intrepido evangelizzatore e fondatore di monasteri e abbazie, sapeva anche ascoltare e dialogare con tutti e occuparsi dei poveri: abbassò per loro le tasse e andava a fare l’elemosina travestendosi per non essere riconosciuto. Questa è la Chiesa che dobbiamo sognare: capace di ascolto vicendevole, di dialogo, di attenzione ai più deboli; accogliente verso tutti e coraggiosa nel portare a ciascuno la profezia del Vangelo”. “Se ci saranno un milione di ungheresi in preghiera, non avrò paura del futuro”, ha concluso il Papa citando un proverbio popolare ed elogiando gli ungheresi per la loro “fede granitica”.
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