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L’Europa va alle urne

Cittadini chiamati a scegliere il futuro di milioni di persone

L’Europa va alle urne

L'Europa si avvicina alle nuove elezioni. I toni sono ancora assai smorzati. Di questo appuntamento elettorale ne parlano di più ovviamente gli oppositori. I nuovi problemi economici e il formarsi di partiti sovranisti, avversi all’onda degli immigrati, sono questioni centrali. La civile Europa rischia di restare poi senza un vero e sicuro capitano, soprattutto quando se ne andrà il politico più rappresentativo e più autorevole della Ue, la signora Angela Merkel. Guardata dai bordi degli altri continenti, l’Europa sembra un’unità indiscussa; nella realtà è un insieme di grandi e piccoli Stati, potenze a dimensione tecnologica al centro della finanza mondiale e delle produzioni più avanzate nel mondo. Nel frattempo, sembra in ricerca di un nuovo Carlo Magno, per ricostruire un nuovo impero, collaborando e trovando un filo comune anche tra cattolici e protestanti.
Ma il cattolicesimo come il protestantesimo sono alla ricerca di una nuova etica, di nuovi valori che motivino il progresso economico dell’Europa, che non può essere solo finanziario ma deve riguardare la complessità dell’uomo, dell’economia 5.0, del mondo, delle religioni.
La soluzione politica che si darà il parlamento europeo ha bisogno del contributo di tutti, anche dei cattolici italiani. Ma qual è il posto dei cattolici? I laici credenti devono accettare le sfide sempre più complesse della loro identità e della loro etica pubblica
Ciò che serve è un nuovo impegno politico e civile del cattolicesimo, che nell’ecumenismo unisca tutto il cristianesimo europeo.
Non si vede in questo momento una figura, laica o non laica, in grado di avviare un processo di questo genere in una fase di ripresa delle religioni, perché spesso sono state le divisioni del protestantesimo e del cattolicesimo a dividere gli Stati. Un incredibile e impensabile mutamento si presenta come necessario, vale a dire l’inclusione e non l’esclusione di popoli venuti alla ribalta per il benessere futuro, che intravedono e sognano. La nuova comunicazione universale di internet ha contribuito ad avvicinare popoli e terre nuove da cui trarre dei vantaggi economici e sociali. L’Europa ha preso paura del fenomeno migrazioni. Ha incominciato ad affermare che l’unica vera e alta civiltà è quella occidentale, capace di rispettare i diritti della persona umana. E nello stesso tempo questa stessa civiltà, quella europea delle grandi cattedrali, delle università, della tecnologia e delle novità ha mostrato il nuovo avanzamento. Il fenomeno l’hanno chiamato progresso, modernità. Ha mostrato che la modernità si ferma ai confini di chi già solca il mondo con aerei, treni, navi, satelliti. La modernità ha esportato se stessa.
Occorreva unificare i popoli di ieri, della vecchia Europa, che si erano distrutti in ben due guerre mondiali. Al tempo stesso, dovevano scambiarsi culture e tecnologie tra loro. I media, dalla televisione alla radio soprattutto attraverso internet, hanno popolato le piazze europee, americane, cinesi in questi ultimi anni. Le società hanno però perso "trasparenza", come scrive il filosofo Gianni Vattimo. Anzi, hanno posto sul mercato ideale del mondo principi, costumi e leggi nuovi in ogni campo, dal matrimonio alla famiglia, ottenendo così una generale esperienza indebolita della verità.
In questo sconvolgimento, i nuovi popoli, con i loro giovani e con le loro famiglie, riempiranno il vuoto generazionale del nostro mondo.
Nella primavera del 2019 si terranno dunque le none elezioni europee per il rinnovo dei deputati, che rappresentano i paesi membri dell’Ue. Finora l’Europa appariva al resto del mondo come una realtà unica e compatta. L’Europa si presentava come un insieme di popoli omogenei nella civiltà dei diritti umani. Proprio con la carta dell’Onu, soprattutto dopo le due guerre mondiali, occorreva diffondere e far diventare legge per ogni Stato quei diritti umani, che non sono solo occidentali ma universali. Nel loro insieme costituiscono un quadro etico per governare sia la pace, che l’economia.

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