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Il populismo e il potere dei pochi

Senza partiti la democrazia muore

Senza partiti la democrazia muore. La chiamata alle urne del popolo italiano, per scegliere e formare i governi del Paese, è ovviamente sempre stata intesa come la strada e lo strumento della democrazia. Dall’accordo dei partiti di maggioranza si dava vita ad un governo democratico. Da una parte vi era l’opposizione e dall’altra la maggioranza, anche non coesa ma di solito vivace. Dopo lunghe discussioni e baratti tra partiti si decideva comunque di costituire un governo democratico, legittimato dal voto del popolo.
 Pesava su questa decisione anche la presenza dell’Urss comunista. Insomma vi era un nemico alle porte di casa. La barriera del confine era poi molto chiara agli elettori vicini del Friuli e del Veneto. Comunisti italiani e sindacati sapevano che non si poteva "giocare". Dietro a loro c’erano le schiere sindacali e operaie, talvolta così irrequiete da far temere il peggio. In poche parole la distanza tra elettori ed eletti era raccorciata. E non mancavano le proteste, gli scioperi, le azioni di disturbo da parte soprattutto del mondo operaio che non si sentiva del tutto rappresentato.
La strada verso la formazione di un governo superava le chiacchiere, i finti scontri, verbali per lo più, e tanti scontri inutili. I partiti alla fine si sentivano in dovere di dare agli italiani un governo. Non importa se la durata degli esecutivi si limitasse a pochi mesi, per questo chiamati esecutivi di transizione, balneari.
Un modo importante per dar voce alla strada e all’osteria erano i partiti che avevano le loro sedi nei paesi, il loro spazio nei giornali e soprattutto in Rai. Pur in questa democrazia faticosa, alla fine le stesse minoranze si ritenevano rappresentate. Il fine di numerose battaglie in Parlamento e fuori di esso era far sentir a tutti che si era nell’emiciclo del potere.
Caduti rovinosamente i partiti, lo strato popolare del Paese si è sentito abbandonato di fronte alla chiusura di molte fabbriche, ai grandi fondi che si comperavano le nostre migliori aziende. Non rappresentato dai partiti di tutto l’emiciclo parlamentare, il popolo italiano ha cercato un "masaniello" scaltro e capace di toccare le corde più sensibili della mentalità italiana.
L’Europa, che ci aveva arricchiti, è stata avvertita sempre più lontana, indifferente e fredda a quelle folle di migranti che hanno investito l’Italia. Nei nuovi bar, nelle nuove sedi digitali di partito hanno incominciato a parlarsi e costituire on line dei partiti o dei gruppi anche sparpagliati di protesta. Stanche di alzare la voce a Bruxelles e a Roma, si sono ribellate le nostre folle creando di nuovo dei partiti concreti con sede in "Via Internet". Ecco la Lega del Nord ed ecco il partito pentastellato.  L’Europa del nord è lontana, Roma è debole. Dunque bisogna scuoterle entrambe con la protesta, con la critica in spregio anche al potente partito finanziario. Le politiche monetarie, le regole imposte del Def, il disinteresse per la questione immigrati hanno fatto saltare la pazienza della gente. La vita stentata di tante famiglie, la disoccupazione, la debole offerta scolastica e universitaria per le giovani generazioni, costrette a varcare i confini italiani hanno colmato il vaso. Primo tra tutti la difficile partecipazione al voto. E la non partecipazione è un chiaro segno di democrazia zoppa.
Il popolo di sinistra come di destra, o anche quello senza etichette non si sente più rappresentato. Ma non è solo quello italiano. In tutta Europa l’ondata populista preme sui governi ma l’Italia sta peggio dei paesi d’Oltralpe. Il populismo è una malabestia come si vede nei paesi sudamericani. Invece che risolvere i problemi distribuisce inganni, promettendo mari e monti.

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