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Il grande bang

In questa pandemia non è facile tirar fuori degli scopi, dei valori, dei sensi. Il disastro è più grande di quello che è costato a tutti noi.

Il grande bang

C'è un big bang scoppiato nel mondo, di cui ancora non riusciamo a cogliere il perché.
In questa pandemia non è facile tirar fuori degli scopi, dei valori, dei sensi.
Il disastro è più grande di quello che è costato a tutti noi.
Il primo problema è domandarsi perché si è spezzata l’alleanza tra natura e cultura, tra lavoro faticoso e distruzione abbastanza facile.
Una seconda osservazione: l’alleanza tra il mondo della natura e quello dell’uomo è un’alleanza non sottoscritta da nessuna delle parti, solo accettata.
La rottura di questa alleanza, il nostro ribaltare il mondo nei suoi aspetti rassicuranti, un po’ arrogante un po’ inconsapevole, ha distrutto quello che era stato faticosamente costruito.
Questa distruzione non è finita, perché adesso siamo semplicemente alla riparazione, ai rattoppi di quelle rotture che la pandemia ha provocato.
Questa aggressione ricevuta richiede un modo di operare che sia attivo, non passivo, non dobbiamo giocare solo in difesa.
Quale sarà il nuovo statuto di questo mondo?
Sarà una scuola, un’università diversa, sarà un’economia finora mai sperimentata.
La pandemia ci lascia una serie di interrogativi cui non è facile rispondere, neppure con i nostri sistemi di lettura avanzati.
Il botto c’è stato ed ha lasciato delle cicatrici aperte che non sarà facile rimarginare.
Come educheremo i ragazzi nel futuro?
Semplicemente insegnando loro che esistono degli schemi matematici, delle teorie scientifiche consolidate, o dobbiamo ammettere che ci sono diversi punti oscuri, diverse teorie che ancora non conosciamo, e quindi fenomeni che non riusciamo a controllare?
La difficoltà di stabilire una nuova rotta è che questo big bang fa ancora parte della realtà, ed è una realtà non completamente conosciuta, non spiegata.
Come sarà la politica del domani?
Sempre succube della scienza, con un rischio di deriva autoritaria, non condivisa, non equilibrata?
La politica oggi, nell’emergenza pandemica non ancora completamente sconfitta, segue la scienza medica e l’evolversi di ora in ora delle teorie -dimostrate e indimostrate- sul coronavirus: la sua genesi, il suo modo di diffondersi, di prendere o perdere forza.
Ma la scienza, anche sulla pandemia, applica il metodo della falsificazione di Popper, per cui una teoria, seppur autorevole, viene continuante sottoposta a verifica, corretta o invalidata.
Ed ecco, allora, che la politica in tempo di coronavirus necessariamente continua a cambiare i decreti, a seconda di come cambiano e si assestano le tesi scientifiche, non tenendo forse conto del quadro complessivo fatto di pochi grandi protagonisti dello scenario economico mondiale.
La nuova economia, fatta di colossali gruppi finanziari, non tiene conto che questa corsa alla conquista vale solo per i primi ma non per gli ultimi, come bene ha fatto Papa Francesco a ricordare.
Ma la politica dovrebbe aver capito almeno che tutti gli uomini hanno la stessa fame, hanno lo stesso bisogno di pane, ma non a tutti è concesso alla stessa maniera.
Come si vede, non abbiamo molti mezzi per affrontare questo big bang della storia, ma i pochi mezzi devono essere disponibili a tutti.
Ci si salva solo insieme: la scienza da sola non basta e non fornisce tutte le risposte.
Occorrerà anche il cuore degli uomini, in primis dei credenti, per migliorare la vita di tutti.

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