Decreto dignità, più di una perplessità
Il Consiglio dei ministri, su proposta del vice premier, Luigi Di Maio, ha approvato il cosiddetto decreto dignità, che punterebbe a modificare in modo consistente il jobs act. Il decreto va convertito in legge entro 60 giorni. Ma già sono molte le perplessità se non le contrarietà espresse da più parti. In primis dalle organizzazioni datoriali.
Lo scorso 2 luglio il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto "Dignità", proposto da Luigi Di Maio, vicepremier e ministro dello Sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali, che sta ricevendo molte critiche.
Secondo il decreto, che entro 60 giorni dovrà essere convertito in legge, è vietato delocalizzare le attività aziendali prima che siano trascorsi cinque anni dalla fine degli investimenti agevolati e degli aiuti di Stato. A chi lo farà arriveranno sanzioni pari da due a quattro volte il beneficio ricevuto. Anche questo andrà poi restituito con interessi maggiorati fino a cinque punti percentuali.
Inoltre per ridurre la precarietà sul lavoro e favorire il contratto a tempo indeterminato il decreto mira a scoraggiare le aziende a fare ricorso ai contratti a tempo determinato, preferendo quelli senza limiti di tempo.
I contratti di lavoro non potranno avere durata superiore ai 24 mesi e potranno essere rinnovati al massimo per 4 volte, con l’obbligo di causale per i contratti di durata superiore a 12 mesi.
Riguardo ai licenziamenti, l’indennizzo riconosciuto ai lavoratori ingiustamente allontanati verrà aumentato del 50% e, in caso di licenziamento senza giusta causa, l’indennizzo potrà essere pari a 36 stipendi.
Si specifica anche che è vietata inoltre qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse. Chi viola dovrà pagare pesanti sanzioni. Dal 2019 lo stop scatterà anche per le sponsorizzazioni e "tutte le altre forme di comunicazione".
Infine, per quanto riguarda il pacchetto fisco, il decreto rimanda a febbraio 2019 la scadenza per la presentazione dello "spesometro", cioè l’obbligo da parte di imprese e lavoratori autonomi di comunicare ogni tre mesi le fatture emesse sopra un certo importo, per ridurre l’evasione fiscale. Viene anche abolito lo "split-payment", ma solo per i professionisti: è una norma per combattere l’evasione fiscale che prevede che le pubbliche amministrazioni che acquistino servizi versino l’Iva direttamente allo Stato e non al fornitore, che poi dovrebbe procedere in un secondo momento a pagarla allo Stato, come avviene normalmente.
Il decreto dignità non piace all’opposizione, né al mondo delle associazioni datoriali e delle imprese, con Confindustria che parla di "segnale negativo" e di rallentamento nella strada dell’innovazione.
Il Presidente dell’Inps, Tito Boeri, è contrario all’impianto del decreto, secondo il quale "è un errore irrigidire il contratto a tempo indeterminato".
Secondo gli esperti il decreto contiene parti positive e parti meno positive, ma non riesce a convincere completamente nemmeno la parte dei sindacati che rappresentano i lavoratori.
Secondo Tridico, docente di diritto del lavoro, con questo decreto si è cercato di modificare la composizione dell’occupazione, che negli ultimi anni è stata fortemente sbilanciata nei flussi a favore dell’occupazione a termine e precaria.
Secondo Orioli del Sole 24 ore, l’approccio punitivo sui contratti di lavoro sarà un boomerang per i precari in quanto se rendere più vantaggiosi i contratti a tempo indeterminato rispetto a quelli a tempo determinato ha un senso, farlo con l’aumento dei contributi per i contratti a termine e con il ritorno delle causali per i loro rinnovi non è la stessa cosa. le conseguenze potrebbero essere la diminuzione dei contratti a termine, con il rischio di alimentare di nuovo la zona di lavoro grigio.
Spiega il giuslavorista Pietro Ichino: se ci mettiamo nei panni di una persona che, avendo lavorato con un contratto che cessa al termine di 12 mesi, aspiri a continuare a lavorare per la stessa impresa. La prosecuzione del rapporto può avvenire con una proroga oppure con la trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato. Mi conviene che la legge vieti o penalizzi una proroga ulteriore, così l’impresa sarà costretta a ingaggiarmi a tempo indeterminato, oppure l’ostacolo farà sì che io venga lasciato a casa?" Non è facile rispondere a questa domanda, certo è che il mercato del lavoro è diventato molto complesso e rimane il rischio di favorire forme contrattuali più precarie.
Forse sarebbe stato più interessante per lavoratori e imprese introdurre degli incentivi per la trasformazione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, ma per farlo servono risorse economiche.
La reintroduzione delle causali, inoltre, farà aumentare di nuovo il contenzioso che era diminuito di oltre due terzi con le riforme iniziate con Monti nel 2012 e poi completate nel 2014 e 2015 con il jobs act, che hanno portato al superamento dell’obbligo di causale.
Anche all’interno della maggioranza governativa le posizioni non sono uniformi in quanto la Lega, sotto la pressione degli imprenditori del Nord, vuole modificare i contratti a termine e reintrodurre i voucher in agricoltura e nel turismo. I voucher erano dei buoni lavoro usati per impieghi occasionali. L’abuso dello strumento, nato per fare emergere dal lavoro nero forme di lavoro saltuario, ha portato alla sua abolizione nel marzo del 2017. Nel luglio successivo è stata reintrodotta una nuova forma di voucher con caratteristiche diverse dai precedenti. Sul tema dei voucher il presidente dell’Inps condivide le posizioni della Lega. "I voucher possono essere uno strumento, anche perché abbiamo fatto passi avanti nella gestione" e le operazioni sono verificabili. In Italia "se si scopre l’abuso di uno strumento, si elimina lo strumento non l’abuso".
Fiorenza Poletto
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