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Lettera aperta ai lettori

L’addio alle pagine del nostro amato don Antonio

  mici lettori, vi saluto. Questo è l’ultimo mio intervento su questo settimanale. Dopo tanti anni è ora di darci un taglio. Anzitutto per problemi di vista. Vedendoci poco, mi capita di sbagliar lettera sulla tastiera scambiando fischi per fiaschi e qui pro quo. Prima di essere insignito del premio speciale del Granchio d’oro riservato a chi scrive il più madornale dei ’beccanotti’, conviene chiudere baracca e burattini, anche perché dopo tanti anni è difficile essere interessanti e originali. Come scrive Mark Twain, se non hai niente di nuovo da dire, fallo in silenzio, senza tediare nessuno. Con l’età poi si diventa ripetitivi e barbosi.
L’altro giorno, confidandomi con un amico, pure lui ospite di questa casa del clero, dissi: "Da soli non ci si accorge, ma tu, se ti pare che io stia rincitrullendo, dimmelo con sincerità". "Toni, Toni," rispose sorridendo, "è da quando ti conosco che sei un po’ stupido e palloso". Viva la franchezza! Averne amici così!
Allora tolgo il disturbo dopo oltre quarant’anni di presenza settimanale. E pensare che cominciai per puro caso!
La domenica delle Palme del lontano 1978, mentre celebravo la Messa vespertina, un ladro visitò la canonica. Rientrando, trovai la porta forzata e tutto sottosopra. Alle mie grida di spavento accorse tutto il vicinato, i clienti del bar e, a sirene spiegate, la Polizia. Tutti rimasero sconvolti. Ognuno disse la sua ed Erminio, il sagrestano, notò un particolare. Sulla scrivania c’erano ancora le buste salvadanaio "Un pane per amor di Dio" con le offerte quaresimali per i poveri. Il sacrestano, ricordandosi del Vangelo della Passione letto poco prima a Messa, immaginò che questa volta fosse venuto il ladrone buono, quello che Gesù aveva portato con sé in paradiso. Quella notte non riuscii a chiudere occhio. Girandomi e rigirandomi a letto, pensavo a quello strano visitatore dal cuore buono. Mi sarebbe piaciuto incontrarlo. La notte insonne non finiva mai e così mi alzai e mi misi a scrivere una lettera aperta all’anonimo visitatore.
Il primo che incontrai la mattina dopo fu Beppi, uno studente di teologia che collaborava in parrocchia. Scoppiò a ridere divertito e mi propose di metter quella lettera sul giornale. Esitante, inviai il pezzo e nel numero speciale di Pasqua, con sorpresa, apparve in bella evidenza il racconto "Il ladro in canonica". Il fatto fece rumore e quella settimana il giornale andò a ruba, tanto che il Caporedattore di allora, il sempre amico Sergio mi chiese di continuare a scrivere.
Non avevo la solennità curiale richiesta da un settimanale diocesano… "E chi se ne…," rispose Sergio; "Di articoli  ufficiali e seri ne abbiamo anche troppi. Scrivi pure quello che ti salta in testa e noi ti pubblichiamo in corsivo nell’angolino in cui si può scrivere a ruota libera…"
Fu così che continuai con questa chiacchierata settimanale parlando un po’ di tutto… e di niente.
Da allora conservo i numeri di questo settimanale, divisi per annate, inserti e numeri speciali compresi. Quando ho un po’ di tempo li sfoglio con nuovo interesse e curiosità e ritrovo tanti eventi che ci parvero memorabili e che rischiano di scomparire nelle nebbie di una memoria sempre più corta e confusa.
Riecco i ragazzi dei campeggi durante una camminata nei boschi, ecco le colorite feste del ciao, feste di Carnevale, prime pietre e inaugurazioni di chiese e di oratori, feste paesane con solenni processioni, corse con i sacchi e rotture di pignatte. Nel frattempo questi ragazzi sono cresciuti.
Con un tuffo al cuore rivedo i parroci e i cappellani che mi hanno fatto catechismo, la gente che si trovava ogni domenica sul sagrato… quanti, quanti ricordi che mi fanno sentire dentro la storia delle comunità parrocchiali dove sono passato e della mia comunità diocesana.
Questo giornale, fin dalla nascita, non parla solo di preti e di faccende ecclesiali. È sempre stato aperto alla società. E così,  a distanza di anni, ritrovo il racconto - settimana dopo settimana - di eventi che hanno segnato la nostra storia civile. Per fermarmi solo al 1978, in un numero di febbraio si parla delle dimissioni del presidente della Repubblica, onorevole Giovanni Leone; due settimane dopo, ecco il nuovo - grande - Presidente, Sandro Pertini. In marzo trovo il sequestro di Aldo Moro che fu assassinato in maggio.
Il ’78 è ricordato anche come l’anno dei due presidenti e di tre Papi. Nella notte del 6 agosto, a Castel Gandolfo, moriva Paolo VI. Ricordo bene il successore, Papa Luciani: originario di Canale d’Agordo e già Vescovo di Vittorio Veneto, Il Popolo decise di dedicargli un paginone chiedendomi di raccogliere notizie di prima mano; io le raccolsi nelle parrocchie del sacilese, che ben lo conoscevano, e così lo conobbi meglio anch’io. Il Papa del sorriso mica era un timido indeciso: quando serviva era uomo dal polso fermo (ne sanno qualcosa quelli di Montagner). In ogni caso, quel paginone non è stato pubblicato perché, dopo soli venti giorni di pontificato, il Papa Giovanni Paolo primo morì e in ottobre la fumata bianca annunziò l’elezione di un Papa straniero: venuto dall’Est, si rivolse al mondo intero con il vibrate "Non abbiate paura: aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!".
Prima di smettere del tutto, desidero ringraziare la direttrice e i direttori di ieri di questo settimanale per la fiducia… ad occhi chiusi che mi hanno sempre accordato. Saluto con amicizia i lettori, ricordando loro che, con questo numero, viene chiesto di rinnovare l’abbonamento annuale. Dai! Sosteniamo Il Popolo: è una miniera di notizie dei nostri paesi, è la voce della nostra comunità diocesana.

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