L'abbraccio al mondo del colonnato del Bernini
Con questo virus, l’universo ha dimostrato il suo potere crudo, la sua capacità di cambiamento, che lascia l’uomo da solo a lottare contro un grande moloch che non conosce.
Sul mondo e i suoi abitanti, un mistero di veleno va moltiplicandosi e acquisendo frutti di morte, riuscendo l’uomo a fatica a trovare modi efficaci di contrastarlo.
Di per sé, non occorre neppure fare il nome del tema di cui stiamo trattando, perché è chiarissimo e, con il suo bollettino di vittime e contagi, è entrato di prepotenza nelle nostre case in questo periodo, il più buio dal secondo dopoguerra.
Con questo virus, l’universo ha dimostrato il suo potere crudo, la sua capacità di cambiamento, che lascia l’uomo da solo a lottare contro un grande moloch che non conosce. La natura contiene ancora una forza tale da dimostrare la sua superiorità rispetto agli esseri umani.
Certamente, il coronavirus è una forza molto potente di cui non conosciamo bene l’origine e lo sviluppo, che intacca la vita dell’uomo singolo e dell’uomo come comunità. Ma è una malattia che porta uno straordinario accordo negli uomini, il sentirsi l’uno per gli altri anche quando compiamo un gesto molto semplice quale il lavarsi le mani, portatrici molte volte di vero e proprio veleno.
Questa guerra, pur portando con sé molte sofferenze, apre delle strade nuove, accostate dai popoli del mondo. Tra tutte ne mettiamo una: internet e la tecnologia digitale. Anche noi meno giovani abbiamo imparato ad usare la grande rete mondiale per piccoli e vecchi servizi.
L’Italia ha scoperto il lavoro agile, le lezioni scolastiche "da remoto", che i social non sono solo strumenti di cyberbullismo, ma utili per formare, informare, unire, lavorare, amare. Ecco allora i nipoti che possono salutare i nonni in sicurezza con le videochiamate, i ragazzi che vanno a lezione in cameretta davanti al computer, i papà e le mamme - i fortunati che possono - che lavorano da casa, davanti ad uno schermo.
Davvero lo schermo può diventare il nostro miglior alleato, lo usiamo per tutto quello che prima facevamo fuori casa: oggi ordiniamo la spesa, lavoriamo, studiamo, chiacchieriamo con amici e parenti, discutiamo la tesi di laurea on line.
Persino nelle case di riposo è possibile installare uno strumento che permette ad nonnina di 97 anni di parlare e vedere i suoi figli da lontano, tutti in sicurezza.
Non abbiamo fatto altro che allargare il mondo, i suoi confini, anzi abbiamo costruito un altro mondo di cui oggi non siamo in grado di prevedere tutte le conseguenze.
Su whatsapp e altre chat organizziamo riunioni di lavoro, facciamo girare le informazioni, i ragazzi si scambiano compiti e lezioni, le associazioni di volontariato si mettono in rete.
Insomma, abbiamo imparato a usare la tecnologia per ogni incombenza quotidiana, facendo di necessità virtù.
Da quanti anni si parlava di smart work, di lavoro intelligente, o agile. Eppure mille difficoltà burocratiche si frapponevano. Oggi sembra che ci sia sempre stato; da un giorno all’altro le persone si sono sedute alla scrivania, persino in cucina (!), e hanno iniziato a lavorare da casa.
Una malattia come il coronavirus, una catastrofe generalizzata, ha portato a sviluppare territori della nostra Italia che erano rimasti dormienti mentre l’universo si modificava nella sua formazione. Basti pensare a interi reparti di terapia intensiva messi su in dieci giorni.
Il costo in termini umani è senza dubbio inaccettabile, ma si intravvede lo straordinario vantaggio di unire il mondo.
Si potrebbe dire che in qualche modo hanno presto capito che alla confusione del mondo di oggi si poteva sostituire una unione di intenti e di scambi di ogni genere, dando vita ad un unico grande luogo di comunicazione.
I popoli si sono uniti come in una grande piazza, la piazza di internet.
Anche il Papa ha invitato i cristiani a formare un’unica grande piazza, sostituendo alla pandemia del virus l’universalità della preghiera, facendo delle colonne del Bernini dei ponti di comunicazione per il mondo.
Bruno Cescon
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