Domenica 5 settembre, commento di don Renato De Zan
Ciò che l’evangelista sottolinea è il tema dell’apertura dell’uomo alla presenza di Dio.
Mc 7,31-37
In quel tempo, Gesù, 31 uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. 32 Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. 33 Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; 34 guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». 35 E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. 36 E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano 37 e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua
Tematica biblico-liturgica
1. Il testo di Is 35,4-7a che costituisce il brano della prima lettura, pur trovandosi all’interno di Is 1-39, non appartiene a Isaia il grande (profeta di Gerusalemme). Si tratta di un brano scritto dal Deutero-Isaia (profeta dell’esilio) e collocato lì dove lo leggiamo oggi dai discepoli del Deutero-Isaia.
2. Il profeta dell’esilio aveva bisogno di argomentare per persuadere i propri correligionari che Dio era presente nella storia e agiva. Il testo di Is 35,4-7a mostra quali sono i “segni” della presenza di Dio nella storia: “Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa”.
3. La guarigione del sordomuto nella Decapoli (Mc 7,31-37) operata da Gesù, è un miracolo, ma non è solo un avvenimento miracoloso-terapeutico. È anche molto di più. È segno che in Gesù Dio era presente e agiva nella storia degli uomini (adempimento della profezia di Isaia). La reazione della gente sembrò intuire tutto questo perché l’espressione “Ha fatto bene ogni cosa” (in greco: kalòs pànta pepòieken) richiama il commento di Gen 1,8 “E Dio vide che ciò era buono” (kài èiden o Theòs òti kalòn). In tutti e due i casi il radicale “kàlo” (bene /buono) è presente ed indica lo stesso concetto. La gente aveva intravisto il Creatore nella persona di Gesù.
4. Ciò che l’evangelista sottolinea è il tema dell’apertura dell’uomo alla presenza di Dio. Per evidenziare il tema, l’autore sacro ha voluto riportare la parola aramaica detta dal Maestro al sordomuto: “Effathà” (apriti). Si tratta dell’’invito all’uomo ad aprirsi a Dio presente nella storia quotidiana. Questa apertura è un invito che trascende la Decapoli e giunge a ogni uomo di ogni tempo e di ogni luogo. Durante il sacramento del battesimo, a conclusione dei riti esplicativi, viene ancora pronunciata la parola di Gesù “Effathà”, apriti.
Dimensione letteraria
1. Mc 6,30-8,26 costituisce un ciclo letterario con il quale Maro vuol preparare il lettore alla confessione di Pietro a Cesarea di Filippo (Mc 8,27). Di tutto il ciclo, il Lezionario ha preso solo Mc 7,31-37. Tale scelta forse è avvenuta perché il brano in esame contiene tutti i temi messianici presenti nel ciclo. Il brano contiene la parola di guarigione (effathà): questo significa che l’episodio è stato tramandato in una comunità greco-cristiana in polemica con la “magia” ellenistica che esigeva di mantenere il segreto sulla parola di guarigione
2. Il testo evangelico originale inizia dicendo: “Di nuovo, uscito dalla regione di Tiro….”. Il testo biblico-liturgico, invece, dice: In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro…”. Togliendo l’espressione avverbiale “di nuovo”, la Liturgia isola il nostro brano da tutto il resto e lo fa diventare emblematico per comprendere la confessione di Pietro che verrà proclamata domenica prossima.
Riflessione biblico-liturgica
1. Dire “uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli”, equivale a dire che qualcuno, partito da Portogruaro per andare a Pordenone, passa per Venezia, raggiunge Parova e, poi, Treviso. O l’evangelista non conosce bene la geografia oppure vuole riassumere - in modo mal destro - i territori toccati dal ministero di Gesù.
2. Ci potrebbe essere una terza spiegazione. Marco ha voluto descrivere i territori del nord di cui Isaia aveva detto: “In passato umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse (Is 8,23-9,1).
3. Il silenzio imposto da Gesù (segreto messianico) mirava a far cambiare il concetto di “Messia” nel miracolato e nei presenti. Gesù vuole che il suo messianismo venga compreso da ciò che egli dice e fa. Il vero significato emerge solo e unicamente se l’uomo accetta di diventare discepolo del Maestro.
4. La “disobbedienza” della gente narrata attraverso la citazione di Is 35,5-6 appare come una vera confessione di fede in Gesù e non come semplice manifestazione di stupore.
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