Commento al Vangelo
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Domenica 26 maggio, comemnto di don Renato De Zan

"Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui"...

Parole chiave: Spirito Santo (1), Vangelo (126), Diocesi (190)
Domenica 26 maggio, comemnto di don Renato De Zan

Gv 14,23-29
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: "Vado e tornerò da voi". Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate".

Tematica liturgica
La Liturgia è immersa in tutta la gioia pasquale ed è ormai protesa verso la celebrazione del mistero della salita di Gesù al Padre (l’Ascensione) e del dono dello Spirito (la Pentecoste). Questi temi, insieme al tema dell’ascolto della Parola, come adempimento primo del comandamento dell’amore, si trovano nel breve brano evangelico di Gv 14,23-29, piccola gemma incastonata nello splendido discorso di Gesù nell’ultima cena, secondo il vangelo di Giovanni. La Colletta propria di questa domenica mette a fuoco in modo sintetico e chiaro i temi principali del vangelo. Vi aggiunge di suo il tema della testimonianza in opere e parole: "O Dio, che hai promesso di stabilire la tua dimora in quanti ascoltano la tua parola e la mettono in pratica, manda il tuo Spirito, perché richiami al nostro cuore tutto quello che il Cristo ha fatto e insegnato e ci renda capaci di testimoniarlo con le parole e con le opere".
L’ascolto della Parola e la sua messa in pratica è prima di tutto un atto di amore verso Gesù Cristo ("Se uno mi ama, osserverà la mia parola"). Dall’ascolto della Parola alla sua messa in pratica c’è un itinerario da percorrere. Prima di tutto c’è l’ascolto che comporta una elaborazione interiore, umile e obbediente, per capire e vivere. Segue l’intervento dello Spirito che aiuta il credente a "comprendere correttamente" le parole di Gesù, secondo la promessa di Gesù stesso (Lo Spirito "vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto"). Il frutto della comprensione è sempre la trasformazione del mondo interiore dell’uomo in una mentalità nuova che porta a vivere la Parola nella vita (testimonianza della Parola in opere e parole). L’azione dello Spirito non riguarda solo il singolo, ma anche tutta la Chiesa. La Chiesa, infatti, ha sempre fatto esperienza dello Spirito. Sono ben testimoniate le parole degli apostoli a  conclusione del primo "concilio ecumenico" di Gerusalemme: "È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi…." (At 15,28). Lo Spirito illumina la Chiesa secondo la promessa di Gesù nell’ultima cena: "Il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto" (cfr il vangelo di oggi, Gv 14,26).

Dimensione letteraria
Il testo biblico del vangelo inizia così: "Gli (= a Giuda, non l’Iscariota) rispose Gesù: "Se uno mi ama…"". Il testo liturgico fa diventare la risposta di Gesù a un singolo, un discorso a tutti i discepoli: "In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Se uno mi ama,… "". Il brano di Gv 14,23-29 è un’unità letteraria inclusa dal verbo amare (v. 23: "Se uno mi ama" // v. 28: "Se mi amaste") e si divide in quattro parti. La prima (Gv 14,23-24) tocca il tema dell’ascolto della Parola che nasce dall’amore ed è caratterizzato da una antitesi ("Se uno mi ama" / "Chi non mi ama"). La seconda parte (Gv 14,25-26) annuncia la comprensione della Parola di Gesù operata dallo Spirito Santo nei discepoli, dopo la risurrezione. È delimitata da un’inclusione ("Vi ho detto queste cose" / "Tutto ciò che vi ho detto"). La terza (Gv 14,27a-d) riguarda il tema della pace data da Gesù ai suoi e l’ultima parte (Gv 14,14,27e-28) accenna alla dipartita di Gesù.
C’è da notare un particolare. Il v. 25 ("Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi") è molto simile a quanto dice Gesù Risorto in Lc 24,44 ("Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi..."). Alcuni biblisti penserebbero che quanto Gesù dice in Gv 14,25-26 (e forse il v.27) siano parole del Risorto che l’evangelista anticipa nell’ultima cena.

Esegesi biblico-liturgica
a. L’ascolto della Parola di Gesù e la sua messa in pratica è un atto di amore verso Gesù stesso. Per il credente, avere la sua Parola nel cuore, significa avere Dio che lo inabita.
b. La Parola di Gesù è Parola di Dio in parola umana ("la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato"). Per questo motivo non basta la facoltà umana dell’intelligenza per capire la Parola. C’è bisogno dello Spirito.
c. Il Vangelo non è un testo vecchio e mummificato, ma è reso vivo e fecondo, di generazione in generazione, dal dinamismo della tradizione, operato dallo Spirito. La fede, sostenuta dallo Spirito, per natura sua, non è mai statica ma dinamica, viva, creatrice di novità in rapporto alla situazione storica in cui il credente vive. Ne deriva che la testimonianza della stessa Parola non è ripetizione, ma è diversa secondo i tempi e i luoghi.

Domenica 26 maggio, comemnto di don Renato De Zan
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