Commento al Vangelo
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Domenica 22 settembre: commento di Renato De Zan

Il primo sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti

Domenica 22 settembre: commento di Renato De Zan

Mc 9,30-37

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, 30 attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31 Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». 32 Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. 33 Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». 34 Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35 Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti». 36 E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37 «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

 

 

Il Testo

 

1. La formula liturgica del vangelo (Mc 9,30-37) inizia con un’espressione (“Partiti di là”) che legherebbe il nostro testo alla zona geografica dell’alto monte dove Gesù si è trasfigurato. La Liturgia sopprime tale espressione, sganciando il legame tra trasfigurazione e seconda profezia della passione, e colloca un incipit un tantino elaborato: “In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli”.

 

2. La formula evangelica è composta da tre pericopi diverse. La prima (Mc 9,30-33a), inclusa da due nomi geografici (v. 30: Galilea / v. 33a: Cafarnao), è caratterizzata dall’annuncio della seconda profezia della passione. La seconda pericope (Mc 9,33b-35) conserva un insegnamento di Gesù ai suoi discepoli sul “più grande” nella comunità dei credenti. La terza (Mc 9,36-37) presenta Gesù che sceglie il bambino

 

L’Esegesi

 

1. Agli inizi del nono capitolo di Marco (Mc 9,2-10) si trova il racconto della Trasfigurazione con una finale sconcertante: i discepoli non capirono che cosa significasse risorgere dai morti. Nella formula evangelica odierna Gesù presenta la seconda profezia della sua morte-resurrezione e l’evangelista annota ancora: “Essi però non capivano queste parole”. Nonostante questo, il dato appare chiaro. Il Maestro vuole preparare i suoi, con pazienza e costanza, a riconoscere sia il suo volto glorioso di risorto (Trasfigurazione) sia il suo volto sofferente (Profezia della passione-morte)

 

2. Mc 9,30-33a presenta la seconda profezia della sua passione-resurrezione. I discepoli si dimostrano incapaci di cogliere il significato profondo della profezia di Gesù. Alla prima profezia (Mc 8,31), Pietro rimprovera il Maestro. Al secondo annuncio (Mc 9,31) i discepoli “non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo”. Non solo, ma si mettono a discutere - per conto loro, senza che il Maestro li ascolti - chi sia il più grande, in modo da collocarsi a capo degli altri, quando il Maestro sarebbe mancato. Meraviglia questa mancanza di comprensione nei discepoli, ma meraviglia ancora di più il loro cinismo.

 

3. La reazione di Gesù desta sano stupore. Non c’è da parte del Maestro né risentimento né rimprovero. C’è invece l’accoglienza dei discepoli. Gesù, infatti, parte dalla loro situazione e cerca di innalzarli con una riflessione sapienziale (si vedano le due antitesi: il primo - l’ultimo / il primo - il servo). In modo delicato Gesù pone se stesso come modello. Lungo la sua predicazione, infatti, dirà: “Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mt 20,26-28).

 

4. Che significato può avere il detto sul bambino? I biblisti hanno diversi pareri. Quello che appare inaccettabile dice che Marco si sarebbe sbagliato nel porre qui il detto del bambino. Più serio, invece, sembra l’opinione che si fonda sull’espressione “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome”. Nella cultura ebraica, il bambino non valeva quasi niente come gli orfani, le vedove, i poveri, i bisognosi e i perseguitati. Colui che vorrà essere il più gande non solo sarà “servo” di tutti, ma accoglierà anche coloro che non valgono nulla come se fossero Gesù stesso in persona. E chi accoglie Gesù, accoglie Dio stesso.

 

Il Contesto Liturgico

 

1. Il testo eclogadico della prima lettura (Sap 2,12.17-20) è considerato dagli esegeti come testo ispiratore per il racconto della passione e morte del vangelo di Luca: si tratta della morte ignominiosa del “giusto”. In Luca, infatti, Gesù è definito dal centurione: “Veramente quest’uomo era giusto” (Lc 23,47). I Padri e, a loro seguito, la Liturgia considerano tale testo una “profezia” della passione-resurrezione di Gesù (“Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà”). La prima lettura si lega tematicamente alla seconda profezia della passione presente nella formula evangelica.

 

2. L’eucologia di questa domenica è un po’ fragile. La Colletta generale ruota attorno al precetto dell’amore, presentandolo però in modo incompleto. L’amore verso il prossimo e verso Dio va completato con l’amore verso se stessi (“Ama il prossimo tuo come te stesso”). La Colletta propria, di fronte alla molteplicità tematica della formula evangelica (profezia della passione-morte-resurrezione; l’incomprensione dei discepoli, il più grande, l’accoglienza di chi non vale niente, il bambino), ha fatto una scelta. Ha preferito evidenziare, nella premessa, il detto di Gesù sul servizio e, nel fine della petizione, l’accoglienza dei più piccoli e degli ultimi.

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