Domenica 17 novembre, commento di don Renato De Zan
Il Figlio dell’uomo radunerà i suoi eletti dai quattro venti
Mc 13,24-32
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 24 In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, 25 le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. 26 Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27 Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall'estremità della terra fino all'estremità del cielo. 28 Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l'estate è vicina. 29 Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. 30 In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. 31 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. 32 Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.
Il Testo
1. Il discorso escatologico-apocalittico nel vangelo di Marco è un testo molto lungo (Mc 13,1-37). Comprende un capitolo intero. Si tratta di un fatto unico nel secondo vangelo. In Mc 13,1-4 Gesù annuncia la distruzione del tempio e i discepoli domandano “quando”. Gesù non risponde e prosegue illustrando i “segni della fine” (Mc 13,5-23). Passa, poi, in Mc 13,24-27 a illustrare la Parusia (il ritorno del Figlio dell’uomo), mentre in Mc 13,28-32 presenta la parabola del fico e sottolinea l’incertezza del momento della fine: nessuno la conosce, solo il Padre sa. In Mc 13,33-37 Gesù conclude il discorso con una appello alla vigilanza.
2. La formula evangelica odierna (Mc 13,24-32), arricchita da un incipit corposo (“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli”), comprende solo due delle cinque parti del discorso: la venuta del Figlio dell’uomo, la parabola del fico e la risposta ai discepoli sul “quando” della fine: nessuno lo sa; solo il Padre conosce quel giorno. Il testo della formula, si può cadenzare in cinque momenti. Il primo (Mc 13,24-25) è dedicato agli sconvolgimenti cosmici. Il secondo (Mc 13,26-27), alla venuta del Figlio dell’uomo (Parusia). Il terzo momento (Mc 13,28-29) è occupato dal paragone del fico. Il quarto (Mc 13,31-32) indica nella generazione presente il testimone degli inizi della fine. L’ultimo momento (Mc 13,32) contiene la risposa alla domanda dei discepoli sul “quando”: “Quanto però a quel giorno o a quell'ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre”.
L’Esegesi
1. Gesù si è avvalso delle visioni profetiche di Isaia (cf Is 13,10; 34,4) e di Gioele (cf Gl 2,10-11) per descrivere gli sconvolgimenti cosmici e la Parusia. Se l’universo ha avuto inizio con la luce (Gen 1,3: “Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu”), la sua fine è caratterizzata dalle tenebre (“il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore”). In questo buio, risplenderà la figura del Figlio dell’uomo. Il giudizio del Figlio dell’uomo viene presentato come l’ultimo atto salvifico che Dio compie nei confronti dei suoi, secondo la riflessione ben conosciuta dagli Ebrei (libro apocrifo di Enoch: “In quel giorno i giusti e gli eletti sono salvati”).
2. Il testo evangelico dice che il Figlio dell’uomo (il giudice) “manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo”. “Radunare gli eletti” è un’espressione biblica molto ricca. L’esilio di Babilonia (sec. VI a.C.) era stato visto come un castigo divino per i peccati d’Israele. Radunare Israele dalle estremità della terra era letto, invece, come un gesto di riconciliazione e di salvezza. Questo sarà il gesto del Figlio dell’uomo nei confronti degli “eletti”. Dio salverà tutti coloro che vogliono essere salvati. Il rispetto divino nei confronti della libertà dell’uomo impedisce a Dio di salvare coloro che non vogliono essere salvati.
3. L’espressione di Mc 12,30 è inquietante: “In verità vi dico: non passerà questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute”. Per comprendere questa affermazione vanno tenuti presenti due dati. Il primo riguarda la morte e la risurrezione di Gesù. Con il Mistero Pasquale inizia il “tempo della fine”. Il secondo dato riguarda la prospettiva profetica: tra l’annuncio e l’adempimento, il tempo intermedio è “schiacciato” perché l’ascoltatore resti in tensione. Se l’inizio della fine si ha con il Mistero Pasquale, quando avverrà la “fine della fine”?
4. La risposta di Gesù è definitiva: nessuno lo sa (nemmeno Gesù, come uomo), tranne Dio Padre. Lungo la storia molti, invece, hanno tentato di stabilire il tempo. Già lo avevano fatto i millenaristi nel Medio-Evo come lo hanno fatto alcune sette contemporanee oppure lo fa qualche preteso veggente moderno. Gesù aveva avvertito i suoi discepoli che ci sarebbe stata l’insipienza di voler a tutti i costi stabilire il tempo della fine: “Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: ‘Sono io’ e: ‘Il tempo è prossimo’; non seguiteli” (Lc 21,7-8). La parabola del fico non aiuta molto. Indica, però, che oggi la fine non è vicina.
Il Contesto Liturgico
1. Alla Parusia i buoni risorgeranno per “la vita eterna” e gli altri per “la vergogna e per l’infamia eterna” (cf la prima lettura, Dn 12,1-3). Gli “eletti” saranno insieme con Cristo. Lo dice con chiarezza il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1023: “Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio e che sono perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo”). Per ottenere questo obiettivo i credenti, nella Colletta particolare chiedono a Dio di accrescere in loro la fede, la speranza e di renderli operosi nella carità nell’attesa della “gloriosa manifestazione del tuo Figlio”.
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