Commento al Vangelo
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Domenica 14 gennaio, commento di don Renato De Zan

Rabbi, dove dimori? Venite e vedrete

Domenica 14 gennaio, commento di don Renato De Zan

14.01.2024 - 2° T.O. - B

 

Gv 1,35-42

In quel tempo, 35 Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36 e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». 37 E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38 Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». 39 Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. 40 Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41 Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – 42 e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

 

Rabbi, dove dimori? Venite e vedrete

 

Il Testo

 

1. Dopo il prologo (Gv 1,1-18), sembra che Giovanni abbia voluto impostare l’inizio del suo vangelo con il ritmo di una settimana con l’espressione “il giorno dopo” (Gv 1,29.35.43) e “il terzo giorno” (Gv 2,1): Gv 1,19-28= 1° giorno; vv. 29-34= 2° giorno; vv. 35-42= 3° giorno; vv. 43-51= 4° giorno; 5°-7° = il giorno dello sposalizio a Cana di Galilea. Con Gesù inizia una “nuova creazione” (in parallelo con la settima della creazione in Gen 1,1-2,4a). All’inizio di questa nuova creazione, si colloca il nostro brano evangelico, Gv1,35-42, dove l’uomo è chiamato a diventare non colui che “cerca idee”, ma colui che “cerca una persona, Gesù, e la trova” e, una volta trovatala, ne diventa discepolo.

 

2. La Liturgia, tagliando l’espressione “Il giorno dopo” e sostituendola con il classico “in quel tempo”, sottrae l’episodio dalla “settimana giovannea” e concentra l’attenzione solo sull’episodio stesso. Alcuni biblisti ritengono che il testo si possa suddividere in tre momenti: il Battista chiama Gesù “Agnello di Dio” (Gv 1,35-37); Gesù e i due discepoli si incontrano (Gv 1,38-39) e Simone viene chiamato con il nome di Cefa (Gv 1,40-42). Altri biblisti ritengono che il testo vada suddiviso in due parti perché nella due parti c’è uno stesso schema narrativo: prima vengono presentati i protagonisti (v. 35: due dei suoi discepoli / v. 40: uno dei due), poi viene presentato Gesù e il suo sguardo (v. 38: Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano / v. 42: Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse) ed infine lo scioglimento dell’episodio (v. 39: Venite e vedrete / v. 42: sarai chiamato Cefa).

 

L’Esegesi

 

1. Il Battista indica in Gesù l’Agnello di Dio. Il vocabolo agnello in greco si dice “amnòs”. In aramaico, invece, si dice “thalià”. La cosa interessante è che in aramaico “thalià” significa anche “servo”. Allora il Battista cosa ha detto? “Agnello di Dio” o “Servo di Dio”? Se il Battista avesse inteso “Servo”, chiaramente era un’allusione fortemente messianica che derivava dai Carmi del Servo di Yhwh. Dato il vocabolo, in aramaico l’espressione resterebbe ambivalente. L’evangelista Giovanni ha optato per “Agnello di Dio”, alludendo chiaramente a tre agnelli significativi. Il primo è l’agnello della Pasqua, il cui sangue preservò la vita degli Ebrei quando Dio passò in mezzo alle case, in Egitto. Il secondo è l’agnello dello Yon Kippur (giorno dell’espiazione): mentre il sacerdote caricava i peccati di tutto Israele sul caprone di Azazel, portato poi a morire con i peccati nel deserto, veniva sacrificato un agnello, il cui sangue era versato dal Sommo Sacerdote sul kapporet (coperchio dell’arca dell’alleanza) come offerta sacrificale per il perdono dei peccati. Il terzo è l’agnello rabbinico, la cui comparsa - secondo la teologia rabbinica - avrebbe segnato la fine del male.

 

2. I due discepoli del Battista seguono Gesù. Vogliono conoscerlo a causa di quanto detto dal loro maestro. La cosa più semplice è cercare di scoprire dove Gesù abiti. Gesù li prende in contropiede e in modo semplice annuncia il grande principio: l’incontro con Cristo avviene attraverso l’esperienza personale diretta. Alla domanda dei due discepoli, Gesù replica: “Venite e vedrete”. Si tratta di rovesciare la mentalità dei primi lettori del vangelo di Giovanni. Tali lettori non erano di origine semitica: non capivano il significato di “Rabbì” e di “Messia”, che l’evangelista tradusse in greco con “Maestro” e “Cristo”. La teoria del mondo greco viene sostituita dall’esperienza.

 

3. Simone, fratello di Andrea, ormai uno dei due ex discepoli del Battista, incontra Gesù che gli cambia il nome in Cefa (latinizzato in Petrus, Pietro). Il cambio del nome indica l’autorità di colui che glielo cambia e l’accoglienza dell’obbedienza  in colui che ha il nome cambiato. Questa è la prima vocazione di Pietro. Dopo il tradimento di Pietro, per lui c’è una seconda vocazione (Gv 21,15-19) che avviene con il Risorto dopo la triplice domanda “mi ami tu?”.

 

Il Contesto Celebrativo

 

1. Nella prima lettura (1 Sam 3,3b-10.19) è proclamata la vocazione di Samuele che fa da esperienza anticipatrice della vocazione di Pietro nel Vangelo. La Colletta generale è preziosa per la richiesta della pace, ma non entra in consonanza tematica con le letture. La Colletta propria allude all’esperienza dei due discepoli che hanno saputo cogliere nelle parole del Battista una ricchezza proveniente dalla Parola di Dio: “donaci di accogliere costantemente la sua parola”.

 

2. Per l’approfondimento: Brown R.E., Giovanni, Cittadella Editrice, Assisi 20056, 95-106; Fabris R., Giovanni, Borla, Roma 1992, 190-196; Moloney F.J., Il vangelo di Giovanni, Elledici, Leumann - Torino 2007, 47-48; Schnackenburg R., Il vangelo di Giovanni. Parte prima, Paideia, Brescia 1973, 424-433; Wengst K., Il vangelo di Giovanni, Queriniana, Brescia 2005, 91-96.

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