Commento al Vangelo
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Commento al vangelo di Pasqua, 9 aprile, di don Renato De Zan

Gesù ha sconfitto la morte, ci ha aperto il passaggio alla vita 

Parole chiave: Pasqua (36), Resurrezione (9)
Commento al vangelo di Pasqua, 9 aprile, di don Renato De Zan

1. La pericope biblica è racchiusa in Gv 20,1-10. La Liturgia ha soppresso il v. 10 ("I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa"). Il versetto comporta qualche cosa di conclusivo, di chiuso. La scelta fatta dalla Liturgia è dovuta a due motivi. Il primo riguarda il fatto che il Mistero della risurrezione non è affatto concluso. Ci sono cinquanta giorni di gioia celebrativa. Per questo motivo il brano resta in qualche modo "incompiuto". C’è ancora molto da contemplare e celebrare attraverso le tracce storiche della risurrezione. Il secondo motivo è più semplice. Anticipando la chiusura del brano, la Liturgia suggerisce al lettore-ascoltatore di approfondire il motivo della fede (del discepolo che Gesù amava: "vide e credette") e dell’atteggiamento di Maria Maddalena e di Pietro.

2. Sotto il profilo della struttura narrativa la formula di Gv 20,1-9 è suddivisibile in tre momenti significativi. Il primo (Gv 20,1-2) ha come protagonista Maria Maddalena insieme ad altre donne, sottintese dalle parole della Maddalena ("Non sappiamo dove l’hanno posto"). Il secondo momento (Gv 10,3-7) vede come protagonisti Pietro e il discepolo che Gesù amava davanti al sepolcro vuoto con le bende e il sudario. Il terzo momento (Gv 10,8-9), il più importante, registra le reazioni dei personaggi: il discepolo che Gesù amava "vide e credette"; gli altri due, Maria Maddalena e Pietro, "non avevano ancora compreso la Scrittura".

2. L’Esegesi

1. Il brano della formula appare, a un attento esame, composto da due racconti assemblati. Uno riguarda Maria Maddalena e Pietro, l’altro riguarda Maria Maddalena e il discepolo che Gesù amava. Mentre lungo la narrazione non ci si accorge di tale assemblaggio, leggendo gli ultimi due versetti, ci si accorge che il v. 8 appartiene a un racconto e il v. 9, a un altro (i soggetti non sono esplicitati). Al fine della comprensione del testo, questa constatazione letteraria né aiuta né ostacola la comprensione (fatto salvo per il problema di chi sia il soggetto del v. 9).

2. Il problema esegetico più serio riguarda la traduzione dei vv. 5-7. L’attuale traduzione dovrebbe essere sostituita dalla seguente: "Si chinò, vide i teli afflosciati (giacenti), ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli afflosciati (giacenti), e il sudario - che era stato posto sul suo capo - non afflosciato (giacente) con i teli, ma, al contrario, avvolto su se stesso nello stesso luogo". L’attuale traduzione italiana è dovuta all’equivoco nato su due vocaboli: il verbo "keimai" e l’avverbio "chorìs".

3. Il verbo "keìmai" significa giacere (lo si adopera per le iscrizioni funerarie: Qui "giace" il tizio). Il participio "keìmenos" significa perciò "giacente" (detto di tele: "afflosciate"). L’avverbio "chorìs" può significa sia "a parte", ma anche "al contrario". Poiché il nome "tòpos" (luogo) è qualificato da un numerale ("uno" che in aramaico equivale a "stesso", non è corretto legare "chorìs" a "topos". "Chorìs" è legato a "avvolto su se stesso". Questi equivoci hanno prodotto una traduzione fuorviante. Può succedere. Teli e sudario formavano un bozzolo afflosciato perché vuoto e lì, dove c’era stato il capo, il bozzolo era sollevato dal sudario, avvolto su se stesso, nello stesso luogo. Il corpo non era stato rubato (i teli non sono tagliati o messi in disordine), ma era come "evaporato" attraverso le tele.

3. Il Contesto Liturgico

1. La fede nella risurrezione ha il suo fondamento nella testimonianza di coloro che hanno "mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti", in coloro cioè che hanno avuto una esperienza diretta, personale ed oggettiva e non solo intima, del Maestro risorto con quel corpo che lo Spirito donò a Maria di concepire nel suo grembo verginale. La risurrezione è un fatto avvenuto nella storia, ma non appartiene alla storia, bensì all’eternità (cf Rm 6,9: "Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui").

2. Mentre nella prima lettura (At 10,34a.37-43) si trova una sintesi stringata della vita di Gesù fino alla risurrezione e la giustificazione della predicazione evangelica degli apostoli, nella seconda lettura (Col 3,1-4) l’Apostolo spiega che cosa ha procurato ai credenti la risurrezione del Maestro. Il Battesimo ci ha fatti diventare una cosa sola con Cristo risorto e, quindi, anche noi siamo già risorti ("Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù"), ma non ancora "manifestati". Lo saremo alla Parusia. Nell’amplificazione della Colletta, la Liturgia offre in forma di preghiera quale sia lo scopo della risurrezione: "Per mezzo del tuo Figlio unigenito, hai vinto la morte e ci hai aperto il passaggio alla vita eterna".
Don Renato De Zan

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