Tre nuvole nere sull'Italia
Sull’Italia incombono da tempo tre grosse nuvole nere ma noi non apriamo ombrelli abbastanza grandi e robusti per proteggerci. sono: inverno demografico, debito pubblico in costante crescita e descolarizzazione
Abbiamo cominciato agosto con le olimpiadi e lo chiudiamo con le paraolimpiadi. Sportivamente raccogliamo podi e anche ori, ma non sappiamo fare altrettanto nella costruzione del futuro del paese. Lo si comprende molto bene se si uniscono le valutazioni del governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, su "Sostenibilità del debito e sviluppo economico" presentate al Meeting di Rimini (21 agosto) a quelle scritte da Alessandro Rosina, docente di demografia e statistica della Cattolica di Milano su Avvenire (venerdì 22 agosto).
Sull’Italia incombono da tempo tre grosse nuvole nere ma noi non apriamo ombrelli abbastanza grandi e robusti per proteggerci.
La prima è quella della crisi demografica che altera l’equilibrio tra generazioni: vale per l’Europa intera come per il nostro paese, ma da noi è più grave. Anche in Francia, che a lungo ha investito sulle nascite mantenendo il numero medio di figli per donna vicino a due, si è scesi ora all’1,7; ma in Italia, ferma da quarant’anni a 1,5 figli per donna, oggi siamo all’1,2. Una demografia insufficiente al ricambio generazionale comporta una nazione con popolazione anziana, spese pensionistiche insostenibili, spese socio-sanitarie in crescita, mancanza di una forza lavoro attiva capace di garantire risorse in grado di rispondere a tutte le esigenze dei cittadini senior e non. Come ha ricordato Panetta, nei prossimi quindici anni il numero dei lavoratori attivi si ridurrà di quasi 5 milioni e mezzo. Meditate gente.
Seconda nuvola nera pronta a diluviare problemi su di noi è quella del debito pubblico che, nel caso dell’Italia, non fa che drammaticamente salire: a maggio si è toccato il record dei tre miliardi di euro (2.918,9), in crescita di 13,3 miliardi rispetto al mese precedente e di 99 miliardi rispetto allo scorso anno (dati della Banca d’Italia). Un debito di 50 mila euro (49 mila e 475 euro) per italiano, 110 mila e 563 euro per famiglia. E’ un punto su cui Panetta ha insistito a lungo definendolo "il problema cruciale". Un debito elevato complica tutto: "Rende più onerosi i finanziamenti alle imprese, frenandone la competitività e l’incentivo a investire, espone l’economia italiana ai movimenti erratici (imprevedibili ndr.) dei mercati finanziari, sottrae risorse agli interventi sociali, alle misure in favore dello sviluppo".
Il governatore ha anche precisato che "l’Italia è l’unico paese dell’area dell’euro in cui la spesa pubblica per interessi sul debito è pressoché equivalente a quella per l’istruzione". Un dato non ricordato a caso, dal momento che la terza nuvola nera è proprio quella della formazione dei nostri ragazzi, a cui spetta disegnare il futuro del paese. Ma, usando le parole di Panetta, il debito "sta gravando sul futuro delle giovani generazioni, limitando le loro opportunità".
Su questo fronte il problema è purtroppo duplice: da una parte meno risorse a disposizione significano meno investimenti anche nel campo di istruzione - formazione; ma dall’altro i nostri giovani - detto con rammarico e una punta di smarrimento - non sembrano attratti dal prepararsi un futuro salendo lungo la scala della cultura e del sapere. Il tasso di dispersione scolastica è molto più alto della media europea come pure l’incidenza dei Neet (nè scuola nè lavoro). Sul fronte laureati, se la media europea si aggira sul 46% dei trentenni, quella italiana è ferma al 26,8% (dati Eurostat 2021).
Il punto scuola-istruzione-formazione è molto importante: la via di uscita del debito, infatti, come ha sottolineato Panetta, passa inesorabilmente per una robusta crescita economica. Ma con una forza lavoro in calo (inverno demografico) e una popolazione non rispondente alle richieste delle aziende (non adeguata preparazione) non si va lontano. Panetta dixit: "La riduzione del debito sarà ardua senza un’accelerazione dello sviluppo economico."
La soluzione a tutti e tre i problemi, indicata dal prof. Rosina, sta nel ricorso ad una immigrazione regolare e ben gestita: l’ombrello che ci permetterebbe di non soccombere alle incombenti nuvole nere, dando nuove vite per contrastare il calo demografico (siamo 59 milioni, 55 nel 2050), dando risposte alla perdita di forza lavoro, alimentando le risorse delle casse previdenziali, portando linfa nuova al paese intero. Ma quello della immigrazione un tema su cui ci si confronta più con gli occhiali della politica che non con quelli della statistica o dell’economia. E così si rischia, per dirla come Esopo, di essere più cicale che formiche. Cicale che cantano ciascuna la propria canzone e si godono le enormi risorse del Pnrr (che poi vanno restituite) e non formiche che guardano ai rigori che verranno industriandosi preventivamente per affrontarli senza soccombere domani.
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