L'Editoriale
stampa

Servizio e potere

Domenica 21 maggio si celebra la 57ma Giornata per le Comunicazioni sociali, qualcosa che può sembrare riservato e interessante ai soli addetti ai lavori: non è così. Dato che si comunica per dire, e ai più possibile, quel che si dice, si spiega, si annuncia e si racconta ha un peso grande. Non a caso la stampa è stata definita il quarto potere a sottolineare l’incisività, nel bene e nel male, del suo operato 

Servizio e potere

Domenica 21 maggio si celebra la 57ma Giornata per le Comunicazioni sociali, qualcosa che può sembrare riservato e interessante ai soli addetti ai lavori: non è così. Dato che si comunica per dire, e ai più possibile, quel che si dice, si spiega, si annuncia e si racconta ha un peso grande. Non a caso la stampa è stata definita il quarto potere a sottolineare l’incisività, nel bene e nel male, del suo operato che può dire secondo verità o in offuscamento della stessa, per sollevare polveroni capaci di nascondere o confondere. E’ un ruolo che la stampa ancora oggi mantiene pur condividendolo con tv, radio e, sempre più, con i tanti canali di informazione on line (dai social ai media veri e propri). Tutto questo non cambia la sostanza anzi ne amplia, come un ventaglio che si apre, la possibilità di azione.

Gli esempi di quanto stampa e media possano influire sono tanti. Si pensi a quanto la politica è connessa ai media: dai direttori del servizio pubblico che cambiano ad ogni tornata elettorale al conflitto di interessi di politici detentori di tv e giornali, fino ai tentativi di manipolazione dell’opinione pubblica in vista delle elezioni con la diffusione di certe notizie o presunte tali. Si pensi pure a paesi che usano i media per celare quanto commettono al proprio popolo oppure per dire non secondo la verità dei fatti quanto secondo la veste che ai fatti decidono di dare (Putin e l’operazione militare in Ucraina). Ovviamente gli esempi possono percorrere anche altre strade: distorte letture o letture di convenienza sono possibili in campo economico, ambientale, sociale, poiché le propagande, come architetture di facciata, sanno edificare castelli al potente e ai poteri di turno. Per definire strategie comunicative volte a destabilizzare o detronizzare qualcuno di scomodo si è coniata l’espressione “la macchina del fango” e non c’è lavatrice capace di togliere del tutto i residui delle macchie mediatiche.

Quel che i papi, e Francesco in particolare, ci ricordano messaggio dopo messaggio in occasione di questa straordinaria giornata è che in questo gioco perde chi non ha mezzi per giocare: in questa gara di parole a soccombere sono sempre i piccoli, i fragili, gli indifesi, coloro che non hanno voce e talvolta neppure i mezzi concreti e culturali per difendersi.

Le comunicazioni sociali ricordano sostanzialmente questo: che lo scopo di questa professione sta nell’essere a servizio del vero. A questo fa pure riferimento l’espressione “quarto potere” che viene da lontano e sottolinea il nobile scopo della stampa, non soverchiabile dalla politica di turno. L’espressione nasce infatti nel 1787 in Inghilterra: durante una seduta del Parlamento, il deputato Edmond Burke, rivolgendosi alla tribuna occupata dai cronisti parlamentari intenti ad ascoltare per riportare le discussioni e le decisioni li apostrofò: “Voi siete il quarto potere”. Frase che stava a dire due cose: una concreta, ovvero che la stampa è il quarto potere dopo i tre istituzionali di ogni regime democratico (legislativo, esecutivo e giudiziario); un’altra figurata che riconosce il concreto e ampio peso dell’informazione quando si mette a servizio dei cittadini con l’obiettivo di informarli sull’operato di quanti si trovano a guidare le istituzioni in quanto eletti in rappresentanza del popolo. Al di là del supporto – cartaceo o digitale – la fiaccola del lavoro giornalistico resta questa, anche se usi strumentali (fake news) hanno minato la credibilità di certa informazione e certi media. Ecco allora che le regole, le attenzioni e i princìpi che guidano gli operatori della comunicazione sono di interesse comune: perché la comunicazione resti ancorata alla sua finalità non disgiunta dal dire chiaro, correttamente e in aderenza alla verità dei fatti.

Il messaggio per la giornata di quest’anno ha un titolo molto bello: “Parlare con il cuore. ‘Secondo verità nella carità’ (Ef, 4,15). Sottolineare la carità della verità significa designare la verità come atto di amore e al contempo declassare la non verità a un sopruso e abuso di potere. I fatti della guerra in corso ne sono l’applicazione pratica e l’emblema: i morti di Bucha, i bambini portati via a migliaia, i civili lasciati riversi per strada sono un’operazione militare o la cieca furia dell’uomo contro l’uomo?

Scrive il papa che “dire col cuore” significa che, dopo aver visto e ascoltato (i verbi del reporter), bisogna “comunicare cordialmente” in modo che “chi ci ascolta viene portato a cogliere la nostra partecipazione alle gioie e alle paure, alle speranze e alle sofferenze delle donne e degli uomini del nostro tempo. Chi parla così vuole bene all’altro perché lo ha a cuore e custodisce la libertà, senza violarla”. Ovvero: senza vestirla d’altro, senza condurla per strade che non le appartengono, senza travisarla.

E’ un compito di rigore e onestà da esercitare ogni giorno, senza scordare coloro che lo hanno preso tanto sul serio da metterlo al di sopra della loro stessa vita: nomi come Peppino Impastato e Anna Politkovskaja ancora ce lo ricordano.

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