Poste italiane: "E io pago..."
Ci risiamo: le poste non consegnano i giornali nel tempo pattuito. Purtroppo non è la prima volta che accade: i ritardi sono continui e pesanti come testimoniano le numerose telefonate che arrivano alle redazioni da parte dei nostri spazientiti abbonati.
Ci risiamo: le poste non consegnano i giornali nel tempo pattuito. I nostri settimanali pagano anticipatamente ogni settimana un servizio di recapito agli abbonati e il recapito giornali non avviene come stabilito. Quasi tutti aderiscono al sistema chiamato "J+1" che garantisce - o meglio dovrebbe, perché mai come in questo caso il condizionale è d’obbligo - la consegna entro il giorno dopo la postalizzazione degli stessi.
Così clamorosamente non è perché in molte località Poste ha adottato il sistema della consegna della corrispondenza a giorni alterni e perché, anche così, i ritardi sono continui e pesanti come testimoniano le numerose telefonate che arrivano alle redazioni da parte dei nostri spazientiti abbonati. Purtroppo non è la prima volta che accade e la stanchezza logora e fa mostra dei suoi amari frutti: "Non mi abbono più!", "Mai ricevuto il giornale in gennaio!", "Mi sono arrivati più numeri insieme"!, "A che mi serve il giornale di lunedì?", fino alle più folcloristiche invettive "Svegliatevi!", "Fatevi sentire!", "Fate la rivoluzione perché non mi arriva neanche Famiglia Cristiana!".
Ripetiamo, non è la prima volta che accade. Quindi non vale usare lo scudo della pandemia: se c’è un problema lo si risolve. Anche le nostre redazioni sono state e sono provate da assenze, ma non abbiamo smesso di uscire regolarmente. Né la pandemia ha messo in ginocchio altri servizi di consegna pacchi, anzi. Comprendiamo che le assenze, come altrove, ci sono state e ci sono. Ma, come segnalato da alcuni sindaci, la risposta prospettata dall’ente è stata quella di sospendere il servizio di certi uffici postali.
I disagi patiti a causa delle carenze della distribuzione postale sono stati segnalati già da tempo e più volte sulle nostre testate: abbiamo scritto noi direttori, abbiamo pubblicato mail di stanchezza e sfiducia giunte dai lettori, anche rese note lettere di sindaci che lamentavano con competenza l’inaccettabile disservizio di Poste Italiane. È anche capitato che Poste italiane abbia risposto con mail di scuse ai giornali o ai loro abbonati. Ma dal momento che, dopo mesi, i problemi non solo sussistono, ma si sono aggravati, cosa pensare? Lacrime di coccodrillo? Una presa per il naso?
Ricordiamo le parole con cui, in una riunione presso le Poste centrali di Mestre avvenuta prima della pandemia, fu commentato il disagio di tutte le testate del Nordest per il continuo disservizio dicendo che non siamo un cliente redditizio. I vertici di Poste in questi anni più volte hanno fatto presente che tra tante attività intraprese dalla società che fruttano guadagni c’è invece la distribuzione postale che produce perdite. Di qui l’impegno a ridurne i costi che si traduce in un depotenziamento del servizio. Una scelta comprensibile in una logica economica, ma non accettabile a livello sociale dal momento che la distribuzione postale è un servizio pubblico fondamentale per la vita dei cittadini.
Visto però che i dirigenti di Poste non sembrano voler cambiare indirizzo alla loro gestione, è necessario un intervento forte da parte della politica. Le Poste infatti sono una società per azioni che ha il Governo come azionista di riferimento, Governo che quindi può e deve intervenire, richiedendo di potenziare il servizio di consegna della corrispondenza (e le risorse per farlo non mancano).
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