Il silenzio sugli innocenti
Non è stato un bell’episodio la mancata unanimità in Senato sul contrasto all’antisemitismo e all’odio razziale. Ci sono valori, la persona in questo caso, che mantengono sempre lo stesso peso specifico: non cambia a seconda di chi ne parla.
Non è stato un bell’episodio la mancata unanimità in Senato sul contrasto all’antisemitismo e all’odio razziale. Ci sono valori, la persona in questo caso, che mantengono sempre lo stesso peso specifico: che non varia a seconda di chi ne parla; che non può essere accresciuto o diminuito a seconda che si tratti di un connazionale o di uno straniero, magari proveniente da un paese povero; che la persona sia amica o nemica, ideologicamente consonante o dissonante. Invece accade ancora, in casa, in Italia.
Ci sono mancate prese di posizione che uccidono: la verità in primis, ma anche la storia, la libertà, l’uguale dignità di ogni uomo che nasce e cammina su questa condivisa terra. E, quando avvengono all’interno delle istituzioni più alte dello Stato, come il Senato è, lo feriscono gravemente.
La mozione della senatrice Segre - 89 anni sopravvissuta ad Auschwitz - sull’istituzione di una "Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza" è passata con 151 voti, ma tuona il silenzio dei 98 senatori astenuti, un terzo, tutti di una parte politica, il centro destra. Tra questi, solo sei hanno votato con mano disobbediente alle indicazioni del capogruppo.
Non scrive una bella pagina questa astensione che rinnega la storia (lo stesso presidente della Repubblica, Mattarella, ha commentato: "La storia non si riscrive"), ma anche il mondo in cui viviamo, dove l’insulto ha sostituito l’argomentazione dallo stadio ai social. La stessa Segre ne è quotidianamente vittima.
I dati dell’Osservatorio antisemitismo lo confermano un caso non isolato. Nel 2018 l’Italia ha registrato un aumento del sessanta per cento delle manifestazioni antisemite: tre quarti via web, facile sfogatoio di chi non ci mette neppure la faccia. Occasioni scatenanti: la Giornata della Memoria, il Giro d’Italia partito da Israele, i 70 anni di Israele, la nomina di Liliana Segre a senatrice a vita, la posa delle pietre di inciampo presto vandalizzate.
A onor del vero - anche se qui l’onore manca - l’odio corre sulla rete non solo contro gli ebrei, ma anche ogni volta che qualcuno viene sentito come avversario: questo la cultura dilagante del nemico insegna. Per attacchi ricevuti si distinguono pure le donne: in politica Laura Boldrini e Debora Serracchiani, tra i volti della tv Nadia Toffa ed Emma Marrone, malate e insultate. C’è sempre chi si sente più forte se offende un altro ritenuto più debole.
Nel caso dell’istituenda Commissione i casi sono due. O il voto è figlio di una direttiva di partito (il senatore Andrea Causin ha dichiarato al Corriere della Sera del 1° novembre che "non è stata fatta nemmeno una riunione per discutere") e dovrebbe offendere la libertà di ciascuno che un polpastrello votante conti più di una libera coscienza e una sincera adesione. Oppure l’astensione è figlia di un pensiero diverso, ossia della non condivisione di una Commissione che vegli su razzismo, antisemitismo, istigazione all’odio e alla violenza. Perché resto se si vuole, se si condivide quanto è messo al voto, l’unanimità si trova al di là del colore politico. Lo si è fatto pure quello stesso 31 ottobre, approvando un’altra Commissione d’inchiesta: quella sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
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