Venerdì Santo 29 marzo. Omelia della celebrazione della Passione del Vescovo Giuseppe Pellegrini
Il Vescovo ha scelto due parrocchie per la Via Crucis: alle 17 a Cimolais e alle 20.30 ad Erto
Nella liturgia del Venerdì Santo risuona il Vangelo della Passione di Gesù secondo l’evangelista Giovanni. È il racconto del dolore, della sofferenza e delle morte di Gesù. L’evangelista Giovanni, però, ci aiuta con il suo racconto a rileggere questi fatti dolorosi a partire da un’altra prospettiva. Infatti, la piena rivelazione che Gesù è il Signore, il Figlio del Dio vivente, è già presenti nella sua passione. Anzi, nella morte di Gesù sulla croce, non siamo posti davanti al suo abbassamento, ma davanti al suo innalzamento glorioso. Gesù aveva detto ai suoi discepoli: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Giovanni 12,32). Giovanni non elimina lo scandalo della sofferenza e della croce di Gesù, che soffre e muore come ogni persona, ma ce lo presenta come il compimento di tutta la sua vita. Gesù “chinato il capo, consegnò lo spirito” (19,30). Gesù dona lo Spirito santo e dal suo costato escono il sangue e acqua che ridonano al mondo intero la vita.
Dal racconto della passione, desidero raccogliere per la riflessione e la meditazione personale tre sottolineature. La prima è data dalle parole di Gesù ai soldati che lo cercavano nel Getsemani: “Sono io!” (18,5). Espressione che spesso Gesù ha usato come autorivelazione per indicare la speciale relazione e unità che ha con il Padre. Nell’ironia propria del Vangelo di Giovanni, una semplice dichiarazione di identità diventa per Gesù una rivelazione, lo svelamento della sua vera identità che si realizzerà in pienezza sotto la croce, quando tutto “E’ compiuto!” (19,30). In quell’espressione qualcuno vi vede anche una semplice e umana assunzione di responsabilità e il coraggio di non nascondersi, per salvare i suoi amici. Al ‘Sono io’ di Gesù’ fa eco la parola di Pietro “Non lo sono!” (18,17), come risposta alla giovane portinaia che lo accusava di essere uno dei discepoli di Gesù. Alla responsabilità risponde il disimpegno, al coraggio si contrappone il timore, al dono di sé si erge la paura e l’anonimato. Quante volte Pietro avrà ripensato a quei tristi momenti, al suo tradimento. Eppure, ha avuto il coraggio, a differenza di Giuda, di accogliere il perdono e la misericordia di Dio. La terza sottolineatura si riferisce alle parole con cui Pilato, alla folla che aveva chiesto la liberazione di Barabba, presenta Gesù, coronato di spine e col mantello di porpora: “Ecco l’uomo!” (19,5). Se nel ‘Sono io’ del Getsemani affiorava la divinità di Gesù, nelle parole di Pilato c’era la piena e solenne dichiarazione della sua umanità. In Gesù tradito, picchiato, ridicolizzato con la corona di spine e il mantello, c’è un uomo che non conta più niente e sta per morire. Per l’evangelista, questa scena, invece, rappresenta il trionfo della vera umanità. L’abbassamento di Dio in Gesù ci ricorda che tutto ciò che ha a che fare con il potere, l’arroganza, l’apparire, la violenza e l’orgoglio non fanno l’essere umano. La vera umanità di Gesù si è realizzata nel morire per gli altri, per me. La sua debolezza svela la forza inaudita di un amore che ci supera. Possiamo dire che Pilato in quel gesto e quelle parole ci ha fatto un grande dono. In Gesù debole della passione, si manifesta la forza e la grandezza della sua umanità. Non c’è uomo o donne sulla faccia della terra che non possa riconoscersi in Lui, sentirlo solidale, fratello, amico e compagno di strada.
Ecco l’uomo è la frase che rimane nella storia. Ma chi è Gesù? L’interrogativo rimane per molti. Non aver paura di avvicinarti a quel Gesù ucciso dagli uomini ma resuscitato e vivente per capire chi è veramente. Chiediamo a Dio in preghiera: sei veramente morto per me e risorto? Manifestati nella mia vita affinché io possa capire il tuo piano di salvezza per l’umanità e anche per me.
+ Giuseppe Pellegrini, Vescovo
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