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24 febbraio-24 giugno: l'accoglienza in Diocesi in 4 mesi di guerra in ucraina

Sono trascorsi oltre cento giorni dall’inizio della guerra in Ucraina, oltre cento giorni dall’inizio dell’esodo di massa di un popolo, esodo per milioni di persone, e bisogna risalire ai tempi bui della seconda guerra per trovarne di analoghi. Questa tragica vicenda ha coinvolto tutta l’Europa è naturalmente anche il territorio della nostra diocesi.

Parole chiave: Guerra (173), Ucraina (136), Profughi (18), Accoglienza (16)

Sono trascorsi oltre cento giorni dall’inizio della guerra in Ucraina, oltre cento giorni dall’inizio dell’esodo di massa di un popolo, esodo per milioni di persone, e bisogna risalire ai tempi bui della seconda guerra per trovarne di analoghi.
Questa tragica vicenda ha coinvolto tutta l’Europa è naturalmente anche il territorio della nostra diocesi. Vi è stata una mobilitazione generale e diffusa, per accogliere queste persone in fuga, alla ricerca di un luogo sicuro, dove rifugiarsi in attesa di tempi migliori per il loro paese.
Solo nella nostra provincia le autorità preposte, questura e prefettura, hanno registrato l’arrivo di oltre tremila ucraini, in particolare donne e bambini, arrivate soprattutto nelle prime settimane.
Le porte delle nostre case si sono aperte, in particolare di quelle abitate da anziani che beneficiavano dell’assistenza di donne proveniente da quel paese, presenza assai diffusa.
Anche la comunità cristiana, si è prontamente attivata, sia attraverso le parrocchie, sia direttamente attraverso le singole famiglie. Non ’è stata città o piccolo paese che non sia stato coinvolto dai monti al mare.
La diocesi attraverso il Centro d’ascolto Caritas, e la Migrantes ha dato il suo contributo a dare risposte all’emergenza

a diocesi attraverso il Centro d’ascolto Caritas, e la Migrantes ha dato il suo contributo a dare risposte all’emergenza. Il suo compito è stato quello di sostenere e coordinare le iniziative presenti sul territorio, mantenendo i contatti con le istituzioni pubbliche per agevolare l’incontro tra coloro che offrivano accoglienze e i profughi in cerca di sistemazione.
Difficile poter conteggiare le innumerevoli porte che si sono aperte, ne vogliamo segnalare solo alcune che possono essere significative, nel tratteggiare le linee dell’accoglienza, e con le quali le istituzioni diocesane hanno collaborato.
Tra i primi a mettere a disposizione le loro strutture sono stati i missionari comboniani di Cordenons. Padre Gilberto e i suoi confratelli più volte hanno permesso di rispondere alle richieste con estrema tempestività, pur in presenza di seri problemi legati soprattutto alla pandemia, che in quel periodo era ancora particolarmente diffusa.
Il Seminario vescovile, grazie alla disponibilità del rettore Don Roberto e di Don Stefano, ha immediatamente messo a disposizione una ventina di posti in un’ala dell’edificio che ospita i seminaristi, i quali si sono subito sentiti coinvolti, anche nel cuore della notte, per offrire ospitalità.
L’accoglienza in Seminario è proseguita fino al termine del mese di Aprile, anche attraverso la Cooperativa Nuovi Vicini che ha sottoscritto una convenzione con la Prefettura, per dare ufficialità, anche da parte dello stato, a quanto si stava facendo.
Una cinquantina di persone, si sono succedute nel corso delle settimane in quei locali, consentendo la soluzione di numerose situazioni.
Nel frattempo la Diocesi ha potuto raccogliere la disponibilità di altre comunità religiose particolarmente attente alle persone in difficoltà.
Ricordiamo la comunità Compagni di Emmaus ad Azzano X, l’Oratorio San Pietro di Cordenons, la Parrocchia del Pasch, e la Fraternità Francescana di Betania a San Quirino, la parrocchia del Duomo di Sacile, per un totale di una cinquantina di posti.
Naturalmente l’elenco delle "porte aperte" è molto più lungo a dimostrare un’accoglienza diffusa.
Dopo un primo impatto, veramente impressionante, l’afflusso è progressivamente rallentato fino ad assumere una dimensione tale da poter essere sostenuta, con meno difficoltà dalle istituzioni, anche per la messa a disposizione di locali adeguati da parte di numerose amministrazioni comunali, e per il rientro in patria di nuclei familiari residenti nella parte occidentale dell’Ucraina.
La gravità di quanto è successo, e di quanto continua succedere il quel paese, non ci consente di sentirci soddisfatti dello scemare dell’accoglienza profughi, possiamo solo evidenziare che in tantissimi si sono sentiti coinvolti, nel dare una risposta adeguata al bisogno di accoglienza di persone in fuga dalla guerra, è questo è un bel segnale positivo che siamo lieti evidenziare.
Paolo Zanet
Uffici Caritas e Migranti

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