Quando gli emigranti eravamo noi e ci ammalavamo di difterite su navi stracariche
Giulia se l’era portata via la difterite", scrive Matteo Righetto nel suo romanzo "La terra promessa". Siamo alla fine dell’Ottocento e il romanzo, parte ultima di una trilogia, narra di gente veneta costretta ad emigrare in America a cercar fortuna, a bordo della San Cristoforo.
Giulia se l’era portata via la difterite", scrive Matteo Righetto nel suo romanzo "La terra promessa". Siamo alla fine dell’Ottocento e il romanzo, parte ultima di una trilogia, narra di gente veneta costretta ad emigrare in America a cercar fortuna, a bordo della San Cristoforo.
Giulia aveva 15 anni. Mariuccia invece di anni ne aveva tredici anni, morì a Milano di difterite in tre giorni, nel 1901. Di lei scrisse la poetessa Ada Negri ne Il Corriere della sera.
Carmela aveva due anni quando nel 1909 a Pordenone contrasse la difterite. Partì in carrozza dall’ospedale Santa Maria degli Angeli il dottor Valan con l’elisabettina suor Arsenia, diretto verso la casa della bambina, dove la operò. Cloroformio, tracheotomia e Carmela si salvò riuscendo a vivere quasi fino all’età di cento anni.
In tempo di pandemia da Coronavirus continuiamo i nostri racconti letterari ambientati in anni di diffusione di malattie da contagio, in questo caso di difterite. Racconti tratti da un romanzo per Giulia, da una celebre pagina di giornale per Mariuccia, mentre di Carmela le vicende ci sono state tramandate dalla memoria orale e alle poche righe scritte ci limiteremo.
In Italia, agli inizi del 1900, si registravano ogni anno nella popolazione infantile 20-30.000 casi di difterite, con circa 1.500 decessi l’anno. Dopo l’ampia diffusione della vaccinazione, resa obbligatoria in Italia nel 1939, vi è stata una drastica riduzione.
IL ROMANZO
"La terra promessa" di Matteo Righetto, scrittore e docente presso l’Università di Padova. Nello scorso settembre la Fondazione Dolomiti Unesco e la Fondazione Pordenonelegge hanno conferito allo scrittore il premio speciale "Dolomiti Unesco".
Il romanzo racconta l’avventura di migliaia di italiani, tra i quali un gruppetto di veneti provenienti dall’altopiano di Asiago che partono dal porto di Genova: direzione l’America. I due fratelli Jole e Sergio, morti i genitori in un’imboscata, rimasti soli si affiancano a Irma e Fernando e alla loro figlioletta Giulia.
Viaggio tremendo quello dei nostri emigranti a bordo della San Cristoforo, mesi per mare stipati in locali malsani. Scarsità di cibo, promiscuità, mancanza di igiene.
Muore per primo il padre di due figli. Per la sepoltura non si può aspettare di arrivare in America. "Dobbiamo gettarlo in mare… Queste sono le regole del mare" grida un ufficiale. "Uno. Due. Tre...Quattro...Cinque! I due figli attesero ancora qualche secondo e poi insieme gettano in mare il corpo del padre".
Passano i giorni: "Vaiolo, tubercolosi e difterite stanno letteralmente falciando i migranti. In Italia imperversano ovunque e, nonostante i controlli sanitari cui erano stati sottoposti tutti i passeggeri al porto di Genova, qualche ammalato era senz’altro salito a bordo della San Cristoforo. La difterite era sicuramente la più diffusa e i colpi di tosse tra il popolo dei migranti testimoniavano ogni giorno il suo estendersi...".
Continua la navigazione, "molti si ammalano, altri ancora muoiono e sono gettati in mare senza pietà, senza dignità e senza funerali cristiani". "Le condizioni di salute di Giulia peggiorano, fino a farsi molto serie". I genitori scongiurano che non si tratti di difterite.
Dopo mesi di navigazione finalmente la terra, America, Messico. Una fiumana di uomini e donne scende verso le scialuppe.
Poi l’ospedale e quattro settimane di quarantena segregati in uno stanzone.
Nel frattempo Jole e Sergio perdono di vista Irma, Fernando e Giulia. Ritrovano i due genitori, ma non la piccola Giulia, quando vengono liberati dalla quarantena. Sergio che per la prima volta aveva provato un dolce sentimento per quella ragazzina, chiede sempre di lei.
"Giulia se l’era portata via la difterite. Per lei un breve funerale celebrato da un prete militare, in presenza di un funzionario sanitario. Le esequie erano state doppiamente tristi, per la frettolosità con la quale si erano svolte e perché la ragazzina, non potendo ricevere degna sepoltura, era stata cremata".
Senza di lei, lontani da casa Jole, Sergio, Irma e Fernando affrontano parte in treno, parte a piedi, tra tante insidie di uomini e della natura, i mille settecento chilometri che li separano da Laredo verso il confine con gli Stati Uniti d’America, dove migranti dal Veneto avevano costruito paesi e villaggi.
A Laredo si costruiranno una nuova vita, Jole, la guerriera, "accompagnata da quel soffio di vento che di tanto in tanto tornava a visitarla e in cui lei era certa di riconoscere l’anima della frontiera, il respiro universale che il padre Augusto le aveva insegnato a riconoscere", mentre Sergio continuerà a pensare a Giulia, la ragazzina per la quale, mentre la nave solcava l’oceano, aveva pregato Dio di farla vivere per sempre accanto a sé.
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