Vaccinarsi contro l’influenza, importante anche per difendersi meglio dal coronavirus
Raccomandato e gratuito per gli ultrasessantenni e per i bambini dai sei mesi ai 6 anni
Ricordi quel San Colombino, nel film Brancaleone alle crociate, in meditazione su un’alta colonna, mentre sotto stanno sfilando due stravaganti cortei, guidati dai rispettivi papi in lotta tra loro? E il santo stilita, che alla fine, assai amareggiato, sbotta con un: "Mala tempora currunt"? Beh, ormai ci siamo abituati, da mesi corrono brutti tempi, anzi quasi quasi aggiungiamo rassegnati: "Sed peiora parantur". Se ne preparano di peggiori!
Infatti, la curva dei contagi da coronavirus si sta sempre più impennando in tutto il mondo, lasciando presagire una stagione invernale tremenda. Inoltre l’influenza stagionale è ormai alle porte, rischiando di esasperare una situazione già drammatica, proprio a causa dell’emergenza COVID-19. Ma esiste una sorta d’intesa perversa tra virus influenzale e Sars-CoV-2? Pare proprio di sì, se è vero che una recente ricerca dell’università di Hong Kong, pubblicata su Lancet, asserisce che il virus dell’influenza favorirebbe l’ingresso del coronavirus nei polmoni mediante un deciso aumento dei recettori ACE2. Che poi non sono dei superdetersivi, ma delle specifiche strutture di membrana in grado di interagire con il rispettivo antigene, insomma una sorta di portone che permette l’ingresso di un virus. Questi recettori sono ubiquitari nel nostro organismo essendo stati isolati nella mucosa nasale e orale, nei polmoni, e poi in fegato, milza, reni, cuore. Anche se ben l’83% degli ACE2 si localizza negli pneumociti di tipo II (particolari cellule cilindriche che rivestono gli alveoli polmonari, quelle piccole cavità in cui avviene lo scambio anidride carbonica/ossigeno). Ora i ricercatori hanno costatato che, durante il lockdown, un’elevata copertura vaccinale ha comportato un minor numero di contagi, di ricoveri e di decessi da Covid-19. Anzi, un semplice aumento dell’1% di copertura vaccinale avrebbe potuto evitare circa 80.000 contagi, 2500 ricoveri e 2000 morti. Anche un importante studio della Majo Clinic, fatto su 137.000 persone, attesta che diversi vaccini verso altre malattie proteggono dal Covid-19. Lo stesso direttore del Mario Negri osserva che il rischio d’infezione da Sars-CoV-2 si ridurrebbe del 47% dopo vaccinazione anti Haemophilus e del 28% dopo anti-pneumococco. Perciò sottoporsi a immunizzazione contro l’influenza stagionale, potrebbe rivelarsi molto importante, in termini di prevenzione.
Quali vaccini per la prossima stagione? Il trivalente (anche con adiuvante indicato per gli over 75 anni): contiene tre tipi di virus, due A (Guangdong-Maonan H1N1 e Hong Kong H3N2) e uno B (Washington lineaggio B/ Victoria). E il quadrivalente in cui è inserito anche il ceppo B/Phuket lineaggio B/Yamagata. Da notare che quest’ultimo ceppo ha circolato non poco nelle passate stagioni, provocando febbri inaspettate nelle persone sottoposte al trivalente, privo del ceppo B/Phuket. Il vaccino usato in Italia è inattivato, contenendo virus ucciso o parti di esso, perciò non può causare l’influenza. La vaccinazione, quest’anno, è fortemente raccomandata ed è offerta gratuitamente alle persone maggiormente a rischio, tra cui gli over 60 anni (e non 65 come in precedenza), ai bambini tra 6 mesi e 6 anni, ai malati cronici, donne in gravidanza, operatori sanitari e agli addetti ai servizi di primario interesse collettivo.
Obiettivo minimo di copertura vaccinale: 75% (lo scorso anno 54,6%, in Friuli 59,5%). Dosi disponibili: oltre 17 milioni (anno passato 12,5).
C’è inoltre il vaccino antipneumococcico riservato agli over 65 anni e alle persone a rischio. Va beh, se non sai proprio come sfuggire da questo micidiale attacco virale, potrai sempre tentare di arrampicarti, tipo free climbing, su quella liscia colonna dove si trattiene il santo stilita, lassù, a due passi dal cielo, dove l’aria salubre profuma di santità, ma, ben inteso, con tanto di mascherina nuova di zecca e ben appiccicata sulla faccia.
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