Separazione delle carriere: via libera del Cdm. Di cosa si tratta
In concreto si tratta di uno schema di disegno di legge costituzionale in otto articoli, intitolato “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”, che ora dovrà affrontare il lungo iter previsto per le revisioni alla Costituzione, di cui vengono modificati sette articoli: 87,102, 104,105, 106, 107 e 110
Percorsi professionali completamente separati tra magistrati requirenti (quelli che indagano, i pm insomma) e magistrati giudicanti, con due Csm, uno per ciascuna categoria, i cui membri saranno scelti per sorteggio; un’Alta Corte chiamata a svolgere funzioni disciplinari per tutte le magistrature, organo di rilievo costituzionale del tutto nuovo che sarà inserito in una sezione autonoma del titolo IV della Carta con il nome di Corte disciplinare. Il Consiglio dei ministri ha varato quella che correntemente viene definita “separazione delle carriere”. In concreto si tratta di uno schema di disegno di legge costituzionale in otto articoli, intitolato “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”, che ora dovrà affrontare il lungo iter previsto per le revisioni alla Costituzione, di cui vengono modificati sette articoli: 87,102, 104,105, 106, 107 e 110.
Fermo restando che l’unico testo che conta sarà quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e quindi presentato in Parlamento, le informazioni giornalistiche arrivano dalle bozze del ddl esaminato nella riunione di Palazzo Chigi. Vediamone alcuni passaggi. “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente”, si legge all’art.3. Che poi passa a descrivere i due Csm: “Il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente sono presieduti dal Presidente della Repubblica. Ne fanno parte di diritto, rispettivamente, il primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di Cassazione”. “Gli altri componenti – si legge ancora nel documento – sono estratti a sorte, per un terzo da un elenco di professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, e per due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e i magistrati requirenti, nel numero e secondo le procedure previsti dalla legge”.
Quanto all’Alta Corte, dalle bozze del ddl risulta composta “da quindici giudici, tre dei quali nominati dal Presidente della Repubblica tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio e tre estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione, nonché da sei magistrati giudicanti e tre requirenti estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie, con almeno venti anni di esercizio alle funzioni giudiziarie e che svolgono o abbiano svolto funzioni di legittimità”.
La riforma è stata salutata come “epocale” dalla premier Meloni. I sostenitori del provvedimento sostengono che l’intervento fosse necessario per assicurare la terzietà dei giudici rispetto ai pm e per evitare il “correntismo” tra le toghe a livello di Csm. Fortemente contraria l’Associazione nazionale magistrati secondo cui il ddl rappresenta “un forte passo indietro rispetto all’effettiva autonomia e indipendenza della magistratura” e ne “indebolisce” il ruolo. Analogo il giudizio di gran parte dell’opposizione.
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