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Pierre e Mohamed, due martiri dell’amicizia

Venticinque anni fa l'attentato in Algeria, che ha segnato profondamente il dialogo ecumenico con l'Islam

Pierre e Mohamed, due martiri dell’amicizia

Il 1° agosto 1996, squarciati dalla stessa bomba, mescolando il loro sangue cristiano e musulmano morirono Pierre e Mohamed. L’immagine in cui si vedono i loro corpi e il loro sangue che si mescola è diventata l’icona del calvario vissuto dalla Chiesa algerina insieme a migliaia di musulmani anch’essi vittime della violenza cieca nel decennio di piombo (1991-2002). Il processo elettorale era stato bloccato dai militari per impedire l’avvento al potere degli islamisti, che tuttavia avevano ottenuto una larga maggioranza. Gli islamisti decisero di intraprendere la lotta armata prendendo di mira esponenti della società civile, magistrati, imam moderati, giornalisti, stranieri e religiosi non islamici. Alla fine si contarono oltre 150mila morti ammazzati nello scontro fratricida fra integralisti islamici e militari.
Ma chi erano Pierre e Mohamed? Pierre Claverie era un vescovo cristiano algerino di 58 anni, beatificato da Papa Francesco assieme ai monaci di Tibhirine, uccisi solo due mesi prima. Mohamed Bouchikhi era un giovane algerino di 21 anni che gli faceva da autista. Tra i due nasce una relazione che va ben oltre il rapporto di lavoro. Per entrambi, nonostante la differenza di età, l’amicizia ha un valore sacro.
Pierre Lucien Claverie, figlio dell’Algeria coloniale, divenuto prima domenicano e poi nominato vescovo a Orano (seconda città dell’Algeria, situata a nord-ovest del Paese) a 44 anni, era un uomo di dialogo. Profondo conoscitore dell’Islam partecipò a numerosi incontri tra cristiani e musulmani, ragione per cui la gente di Orano lo avrebbe soprannominato "il vescovo dei musulmani". Nel momento in cui il suo Paese l’Algeria è vittima del fondamentalismo cieco scegli di restare con la sua gente e assume come autista Mohamed, un giovane musulmano.
Domande scottanti su un "mondo plurale". Pierre poneva questioni e domande scottanti con le sue denunce, i suoi scritti, gli interventi sui media…. e per questo dava fastidio. Soprattutto sulla possibilità di vivere insieme, da una parte come dall’altra del Mediterraneo: popoli, culture e religioni diverse. Parlava, più di trent’anni fa (le torri gemelle non erano ancora cadute!), delle necessità di costruire un "mondo plurale", ma anche di disinnescare il pericolo di un islam "sradicato dai suoi valori profondi, al tempo stesso umani e spirituali, e divenuto un fattore politico, che lo trasforma oggi in uno strumento di violenza".
"Il dialogo è un’opera che va continuamente ripresa: è la sola possibilità di disarmare il fanatismo, in noi e nell’altro. È attraverso il dialogo che siamo chiamati a esprimere la nostra fede nell’amore di Dio che avrà l’ultima parola su tutte le potenze di divisione e di morte". Sono parole di grande attualità, pronunciate esattamente 40 anni fa, nell’omelia di insediamento come vescovo d’Orano, il 9 ottobre 1981, da mons. Claverie.
Una terra con radici lontane. Il messaggio di beato Pierre Claverie è ancora vivo oggi in Algeria (paese di 45 milioni di abitanti, 99% musulmani) che si trova a vivere un periodo di transizione - così come nella vicina Tunisia - e dove la Chiesa ha origini lontane risalenti al II secolo, con i suoi martiri e Sant’Agostino.
Quel che colpisce della storia di Pierre e Mohamed è certamente il coraggio di un vescovo che non cede alle intimidazioni e che, per attaccamento al suo popolo algerino, continua a fare e a dire quel che gli sembra giusto. Ma colpisce ancor più la scelta del giovane Mohamed di non abbandonare il suo amico vescovo, ben sapendo, con questa scelta, di rischiare la vita. La narrazione di quest’amicizia appassionata all’umanità, alla libertà e alla verità dell’altro, ha molto da insegnarci.
E’ una storia di dialogo interreligioso e di valori universali che Pierre e Mohamed condividono quotidianamente e che rappresenta la storia delle genti di queste terre incastonate tra il Mediterraneo e il Sahara.
Algeria oggi: tra voglia di cambiamento e crisi economica. Dopo le elezioni parlamentari del 12 giugno scorso, durante le quali nessun partito ha guadagnato più consensi degli altri per assicurarsi la maggioranza del Parlamento, da circa 4 settimane si è insediato il nuovo governo ad Algeri.
La formazione del nuovo esecutivo giunge in un momento in cui l’Algeria continua ad essere testimone di una situazione economica e sociale fragile, di proteste di piazza per chiedere un cambiamento politico che dura dalle primavere arabe di dieci anni fa. Ad alimentare il malcontento della popolazione vi è un quadro economico sempre più instabile, caratterizzato da un tasso di disoccupazione che supera il 20% e un crescente aumento dei prezzi. La precarietà dell’economia algerina è stata aggravata dal calo dei prezzi di gas e petrolio registrato a seguito della pandemia di Covid-19 e da cui dipendono il 93% delle entrate in valuta estera del Paese.

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