Gli italiani hanno capito che Mattarella era una persona di cui poter avere fiducia
Intervista all'amico del Presidente, Pierluigi Castagnetti
La flessibilità che non viene meno ai principi di fondo, secondo la lezione di Aldo Moro. La profonda sintonia con il Paese. L’affidabilità, che è stata percepita dalla gente. E’ quanto lascia in eredità il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, secondo chi ne è notoriamente amico e lo conosce bene: Pierluigi Castagnetti, già segretario del Partito Popolare Italiano, unito a Mattarella (e al presidente del Parlamento europeo David Sassoli, morto nei giorni scorsi) dalla stessa matrice culturale: quel cattolicesimo democratico "la cui cifra abbiamo visto in questi sette anni". Castagnetti, in questa intervista, fa un bilancio del settennato di Mattarella, e sul futuro azzarda una sola revisione: "Non recederà", rispetto all’indisponibilità più volte manifestata a una sua rielezione.
Quale bilancio si può tracciare di questi sette anni?
E’ stato un settennato difficile. L’esito negativo del referendum istituzionale ha squassato il sistema politico. Le elezioni del 2018 hanno consegnato un Parlamento difficile da governare, con l’inedita vittoria di Lega e Movimento 5 Stelle. Ha dovuto affrontare la formazione di quattro Governi, tre nell’ultima legislatura, sempre con passaggi complicati. La maggioranza del Parlamento era costituita da movimenti per certi aspetti nazionalisti, e comunque non radicati nella cultura della Costituente. Dal Colle era necessario lavorare per operare secondo la logica e la sovranità della Costituzione. E poi c’era il tema dell’Europa, l’eredità maggiore del dopoguerra. Il primo Governo Conte è nato come sfida all’Europa, e la legislatura ha trovato il suo sbocco in un Governo guidato dall’ex presidente della Bce. Insomma, è stato ritrovato un equilibrio politico, e questo è stato un merito di Mattarella.
Come ci è riuscito?
Moro parlava della flessibilità che salva la democrazia. Credo che qui stia la cifra del cattolicesimo democratico, che al tempo stesso non rimuove i suoi principi di fondo.
Poi c’è stata la pandemia...
Ci sono stati dei momenti drammatici, durante questi anni: il terremoto in Centro Italia, il crollo del ponte Morandi, e appunto la pandemia. Mi pare di poter dire che in questi frangenti Mattarella si è trovato in profonda sintonia con il Paese. Sempre Moro parlava di "Stato dal volto umano". La gente in Mattarella, non particolarmente dotato di capacità comunicative e seduttive, ha percepito il valore dell’umanità delle istituzioni. Il Presidente ha ottenuto ciò senza mai cavalcare tentazioni populistiche o cedendo alla tentazione di approfittare delle competenze "a fisarmonica" tipiche del Presidente della Repubblica. Dossetti diceva che bisogna "amare la Costituzione". L’amore per le Istituzioni è amore per gli uomini, perché esse servono a creare società più umane.
Una parola, dunque per definire Mattarella in questi sette anni?
Affidabile. Così è stato percepito dai cittadini, ma anche dai nostri partner europei. Ha saputo ritagliarsi un ruolo inedito nel momento di massima fragilità dello Stato. E’ stato il garante dell’affidabilità del Paese.
Comprensibile, in questo contesto, l’ipotesi di una sua rielezione. Perché invece Mattarella finora ha detto no?
Esistono nodi costituzionali profondi, che lui ha evidenziato. La Costituzione non esclude un secondo mandato, ma ci sono ragioni di contorno che in pratica limitano l’incarico a un solo mandato: la condizione anagrafica, il semestre bianco, la successiva nomina a senatore a vita... C’è stata l’eccezione di Napolitano, ma se la cosa si ripete essa entra nel costume politico. E Mattarella vuole evitare questo, anche per rispetto ai successori. Non recederà. In tutto questo c’è anche un messaggio alla politica, che non può trovare alibi per risolvere i suoi problemi.
Chi, dunque, al suo posto?
Preferisco per varie ragioni non pronunciarmi. Ma mi pare che Mattarella lasci un profilo significativo.
In questi giorni l’opinione pubblica di è trovata di fronte a due figure di cattolici democratici, Mattarella appunto, e David Sassoli. Figure significative, ma nel contesto di una crisi complessiva di questo filone politico. Che lezione trarre?
Sono stato anch’io molto colpito dalla vicenda di Sassoli. Il suo funerale è stato un inno alla vita, di fronte all’Europa. Senza che ce ne accorgessimo, nel celebrarlo si è parlato delle sue virtù personali. Sassoli ha aperto il Parlamento ai clochard, durante la crisi di questi due anni, ha fatto gesti dirompenti, ha dato un grande contributo all’umanità delle Istituzioni, come ha detto anche i cardinale Zuppi nella sua omelia. Quanto alla vicenda complessiva dei cattolici in politica, sappiamo che i disegni del Signore sono imperscrutabili. E ci consola vedere che il Signore continua a volerci bene, dandoci persone come queste. Le forze le avremo, siamo dentro a un cambio d’epoca che è già avvenuto. Ci saranno risposte nuove, anche da parte dei cattolici.
Bruno Desidera
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