Fatta la legge... arrangiatevi
Una legge, la re-introduzione della educazione civica a scuola, che risponde alla situazione di cyberbullismo e violenza crescente nel mondo come in classe. Una cosa buona che porta la data del 20 agosto 2019. Peccato però che, senza le decisioni necessarie e conseguenti come il finanziamento delle 33 ore fissate per anno scolastico, resti inesorabilmente una teoria senza applicazione.
I numerosi episodi di bullismo all’interno delle nostre scuole, la constatata ignoranza da parte degli studenti della Costituzione Italiana e dell’organizzazione dell’Unione Europea, la violazione dei principi di legalità e delle regole di convivenza, il diffuso utilizzo degli strumenti informatici, hanno indotto il Parlamento a reintrodurre nelle scuole, con la legge 20 agosto 2019 n. 92, l’insegnamento scolastico dell’educazione civica.
La legge individua alcuni principi ispiratori dell’insegnamento.
Primo. L’educazione civica contribuisce a formare cittadini responsabili e attivi e a promuovere la partecipazione piena e consapevole alla vita civica, culturale e sociale delle comunità, nel rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri.
Secondo. L’educazione civica sviluppa nelle istituzioni scolastiche la conoscenza della Costituzione italiana e delle istituzioni dell’Unione europea per sostanziare, in particolare, la condivisione e la promozione dei princìpi di legalità, cittadinanza attiva e digitale, sostenibilità ambientale, diritto alla salute e al benessere della persona.
Nell’ambito dell’insegnamento trasversale dell’educazione civica sono altresì promosse l’educazione stradale, l’educazione alla salute e al benessere, l’educazione al volontariato e alla cittadinanza attiva. Tutte le azioni sono finalizzate ad alimentare e rafforzare il rispetto nei confronti delle persone, degli animali e della natura
La materia rientrerà ufficialmente dalle elementari fino alle superiori. E’ stato stabilito un numero obbligatorio di ore in un anno, che ammontano a 33, e ogni studente verrà interrogato e avrà un voto che andrà a fare media in pagella con le altre valutazioni.
Particolare rilievo viene assegnato all’educazione alla cittadinanza digitale, per fornire conoscenze digitali da sviluppare con gradualità tenendo conto dell’età degli alunni.
Essenziali appaiono le capacità di analizzare, confrontare e valutare criticamente la credibilità e l’affidabilità delle fonti di dati, informazioni e contenuti digitali.
Gli studenti, fra l’altro, dovranno essere in grado di evitare, usando tecnologie digitali, rischi per la salute e minacce al proprio benessere fisico e psicologico; essere in grado di proteggere sé e gli altri da eventuali pericoli in ambienti digitali; essere consapevoli di come le tecnologie digitali possono influire sul benessere psicofisico e sull’inclusione sociale, con particolare attenzione ai comportamenti riconducibili al bullismo e al cyberbullismo.
Con la nuova legge sono state individuate moltissime aree di formazione e le istituzioni scolastiche sono chiamate a svolgere un compito molto impegnativo.
La scuola potrà coinvolgere la famiglia attraverso un vago "rafforzamento della collaborazione" e potrà integrare l’insegnamento con esperienze extra-scolastiche, a partire dalla costituzione di reti anche di durata pluriennale con altri soggetti istituzionali, con il mondo del volontariato e del Terzo settore, con particolare riguardo a quelli impegnati nella promozione della cittadinanza attiva.
Tuttavia, come siamo ormai abituati a constatare, il Parlamento ritiene che la legge si attui con la sola pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Ciò contrasta con la realtà delle nostre scuole. Ad esse, infatti, non viene dato alcun supporto né di mezzi né di personale.
Tutto dovrà essere svolto con i mezzi a disposizione senza "incrementi o modifiche dell’organico del personale scolastico, né ore d’insegnamento eccedenti rispetto all’orario obbligatorio previsto dagli ordinamenti vigenti" e "non sono dovuti compensi, indennità, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati".
Ritenere che la scuola, oltre alle proprie competenze, si assuma il peso di una formazione specifica degli studenti, ampia come quella elencata dalla legge, avendo a disposizione 33 ore annue e con docenti già oberati del proprio compito, appare del tutto velleitario.
Il rischio concreto è che la legge si traduca solo in un elenco di buone intenzioni che serva a rendere tranquillo il legislatore senza però incidere sulla formazione degli alunni, giovani e giovanissimi.
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