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Convegno sulla gestione dell'ictus

Lunedì 30 settembre al Vendramini approfonditi gli aspetti clinici e relazionali

Per il pomeriggio di lunedì 30 settembre è in programma, presso l’aula magna dell’Istituto Vendramini, un Convegno sulla gestione degli aspetti clinici e relazionali dell’ictus a cura dell’Associazione che prende il nome da  questa patologia invalidante.                                                                                                 A partire dalle 14.30 si susseguiranno interventi di professionisti, pazienti e familiari per uno sguardo ampio e approfondito sulle tematiche del percorso intraospedaliero riguardante la cura dello stroke ischemico (o ictus cerebrale) in fase acuta e riabilitativa, quest’ultima con una presa in carico precoce in ambito ospedaliero e, successivamente, da parte della sanità territoriale. 

Alle 16.30 sarà proposta una lettura scenica, ovviamente in relazione al tema centrale, alla quale seguiranno testimonianze varie in una tavola rotonda, composta, oltre che da operatori, anche da pazienti e familiari; saranno pure proposte riflessioni sulla funzione del gruppo di auto-mutuo-aiuto.  

 

Nel Pordenonese 750-800 casi di ictus l’anno

Il Convegno assume una particolare rilevanza anche in vista del fatto che nel Pordenonese si verificano 750-800 casi di attacco ischemico l’anno (circa due casi al giorno, non tutti presi in carico dallo Stroke Unit di Pordenone). Alcuni, definiti Tia, rappresentano un disturbo transitorio, che si risolve rapidamente (ma che rappresenta comunque un campanello di allarme); altri, di entità più o meno grave, sono nella quasi totalità forme invalidanti. In ogni caso è importante non sottovalutare alcuni campanelli d’allarme quali la debolezza di un arto, la percezione di qualche disturbo sensoriale, un improvviso ed eccezionale male di testa…Sono sintomi da non sottovalutare, ma anzi da riferire con urgenza al medico o al Pronto Soccorso. In alcuni casi non ci sono segni premonitori, come nella forma emorragica che può verificarsi a volte durante il sonno. L’ictus in seguito a trombosi (occlusione di un vaso) rappresenta l’ottanta per cento dei casi, mentre le forme emorragiche riguardano il restante venti per cento.  

 

Mission dell’Associazione Ictus

La specifica mission dell’Associazione Ictus, come ci spiega il suo presidente dott. Gianni Segalla, è riconducibile soprattutto all’impegno di fare formazione e informazione. Il Convegno di quest’anno si articola in due parti: nella prima, di carattere tecnico-specialistico, è previsto l’intervento dei professionisti che si prendono cura dei pazienti particolarmente in fase acuta; nella seconda, arricchita anche da una piece teatrale, sarà trattato l’aspetto relazionale paziente-operatori-familiari.

Attualmente, come osserva il presidente, l’impostazione del percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale è in grado di gestire in modo sempre più efficace la patologia; ovviamente riveste altrettanta importanza la parte riabilitativa con i connessi risvolti psicologici e l’educazione a nuovi stili di vita. Quest’ultimo aspetto, riguardante la prevenzione, dovrebbe essere oggetto di attenzione da parte di tutti, particolarmente in considerazione della gravità dell’evento di cui stiamo trattando.

Se l’attuale tecnologia consente di intervenire con crescente e determinante efficacia in caso di ictus, anche il successivo percorso riabilitativo con tutte le sue sfaccettature è gestito con sempre maggiore attenzione e competenza e con risultati sempre più significativi.

 

L’ictus sconvolge la vita del paziente e dell’entourage familiare

Come ricorda il dott. Franco Luchini, attuale segretario dell’Associazione Ictus e per anni presidente della stessa, questa, attiva dal ’98, è stata fondata dallo psichiatra Lucio Schittar: colpito da ictus, potè affrontare efficacemente i suoi effetti grazie alle personali conoscenze scientifiche in materia e alla possibilità di permettersi una fisioterapista privata per frequenti sedute. Pensando alle persone nelle sue condizioni che non avevano analoghe opportunità, decise allora di fondare l’Associazione per  offrire loro forme di aiuto adeguate: vari interventi di sostegno nella fase successiva alle dimissioni dall’ospedale, soprattutto fornendo indicazioni per organizzare gli aspetti riabilitativi; attività di formazione e informazione rivolte pure ai familiari dei pazienti.  

Anche Luchini è stato uno dei fondatori avendo subito aderito con entusiasmo al progetto di Schittar. Lui stesso era stato colpito da ictus emorragico nel sonno e aveva superato la conseguente invalidità grazie all’intervento di un chirurgo illuminato e soprattutto per merito del contributo fondamentale della moglie e delle tre figliolette: queste ultime, lo afferma lui stesso, sono state le più efficaci protagoniste sul piano terapeutico-riabilitativo grazie alla loro coinvolgente e preziosa vivacità che lo ha salvato.

E ricorda come l’ictus sia una delle malattie più devastanti e sconvolgenti non solo per la vita del paziente ma anche per la famiglia e per il clan parentale che abbisognano di sostegno e partecipazione. E appunto in tale contesto è molto preziosa l’opera dell’Associazione.

 

Gruppo di auto-mutuo-aiuto coordinato dalla psicologa                 

La collaborazione della psicologa Barbara Zanchettin è iniziata molti anni fa e ora si concentra soprattutto nella conduzione di un gruppo di auto-mutuo-aiuto composto da una decina di persone che si incontrano due volte al mese. Si tratta di attivare strategie per far fronte alla disabilità. Nel suo ruolo di facilitatore, la nostra psicologa si prende cura della comunicazione nell’ambito del gruppo al fine di renderla efficace stimolando in particolare l’espressione delle problematiche celate. La condivisione delle varie esperienze aiuta chi le racconta e chi le accoglie. Ne scaturisce un migliore livello di autostima, di automotivazione e di autoconsapevolezza con una maggiore accettazione della malattia. Inoltre in un anno e mezzo di incontri si sono sviluppate importanti amicizie. E’ un particolare contributo aggiuntivo, complementare alle altre terapie riabilitative, grazie alla presenza stimolante della professionista che aiuta a capire dinamiche che sfuggono ai pazienti; i quali sono accompagnati nel percorso di acquisizione di una adeguata consapevolezza anche con la scoperta di risorse personali spesso ignorate, ma significative e determinanti.

Flavia Sacilotto

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