Bangladesh: il giuramento di Yunus come capo di governo ad interim. Timori tra le minoranze
Il premio Nobel per la pace ed economista Muhammad Yunus, 84 anni, giurerà a Dhaka, come capo di governo ad interim del Bangladesh. Dopo le proteste degli studenti, la repressione con oltre 400 morti e la destituzione della premier Sheikh Hasina, al potere da 15 anni e ora fuggita in India, la popolazione del Bangladesh si avvia verso una nuova fase. Le minoranze - compresi circa 500.000 cristiani su 170 milioni di abitanti - sono in allerta. Sono iniziati attacchi e atti di vandalismo contro gli indù.
In Bangladesh è un momento delicato di transizione politica, dopo le proteste di piazza e la repressione dei giorni scorsi che hanno portato alla destituzione della premier Sheikh Hasina, al potere da 15 anni e ora fuggita in India. Il premio Nobel per la pace ed economista Muhammad Yunus, 84 anni, è stato indicato dagli studenti universitari, promotori delle proteste, come futuro capo di governo ad interim del Bangladesh. Il capo dell’esercito del Bangladesh, generale Waker-Uz-Zaman ha annunciato che Yunus giurerà stasera a Dakha. Conosciuto in tutto il mondo per essere l’ideatore del microcredito, che permette alle persone in povertà di realizzare piccole attività con prestiti inferiori a 100 dollari, Yunus ha invitato i suoi concittadini a “mantenere la calma” e “astenersi da ogni tipo di violenza” per rendere il Bangladesh “un Paese meraviglioso per noi e per le nostre generazioni future”. In un Paese di 170 milioni di persone ma con 18 milioni di disoccupati e ancora tanto disagio sociale – nonostante 25 milioni di persone siano uscite dalla povertà in 20 anni – gli universitari hanno inizialmente protestato contro una legge, poi modificata, che riservava un terzo dei posti di lavoro nel comparto pubblico ai familiari dei veterani della guerra d’indipendenza dal Pakistan del 1971. Oltre alle accuse di corruzione c ‘è una diffusa percezione che questo nuovo benessere abbia investito soprattutto i settori più vicini alla Lega Awami, il partito di Hasina. Il bilancio degli scontri ad oggi è di oltre 400 morti e 10.000 arresti, con blocchi di internet e coprifuoco.
L’esercito ad un certo punto ha deciso di interrompere il suo sostegno ad Hasina e ha smesso di sparare sulla folla e dopo il cambio di governo ha chiesto scusa alla popolazione e annunciato una indagine interna. Nel frattempo la casa dell’ex premier Hasina è stata saccheggiata e sono iniziate ritorsioni e attacchi contro le minoranze religiose, soprattutto indù, considerati elettori e sostenitori della Lega Awami.
I cristiani sono circa lo 0,3% della popolazione e sono in allerta.
“In queste settimane si sta riscrivendo la storia di questo Paese. La storia che evidentemente è sempre una narrazione. Se, infatti, fino alla caduta del governo è prevalsa la narrazione dell’ex primo ministro e, indirettamente del padre suo e del Bangladesh, ora, attraverso la distruzione delle statue del Mujib, l’invasione del Parlamento e della casa del primo ministro e altro ancora, siamo di fronte ad una nuova narrazione che vorrebbe fare tabula rasa di più di cinquant’anni di storia dall’indipendenza dal Pakistan nel 1971 fino ad oggi”, commenta al Sir una fonte locale che richiede l’anonimato per motivi di sicurezza.
“Le proteste sono iniziate per una causa legittima” perché gli studenti “volevano maggiori opportunità di impiego” e gradualmente la società civile, artisti, medici, avvocati, ecc., ha preso parte alla protesta, oltre che, ovviamente, i partiti dell’opposizione – Bangladesh nationalist party (Bnp) e Jamaat-e-Islami” (nazionalisti di destra e fondamentalisti musulmani, ndr). Secondo la fonte l’ex primo ministro Hasina non ha “saputo cogliere la frustrazione, aumentata dalle sue parole e della repressione violenta di un mondo giovanile in cerca di spazi maggiori”. Il suo errore è stato “identificare il movimento” con i partiti esclusi dalle ultimi elezioni.
Gli studenti cercano ora di arginare gli atti di vandalismo. L’invasione e gli atti di vandalismo, afferma, “probabilmente portati avanti soprattutto dai partiti all’opposizione costituiscono certamente un calo di tono rispetto alle manifestazioni iniziali degli studenti”. Gli studenti – informa – hanno però “chiesto di riportare gli oggetti rubati dalla casa del primo ministro e dal parlamento, hanno ripulito le macerie dopo l’invasione, e stanno cercando di ordinare il traffico impazzito per la mancanza dei poliziotti nelle strade”. Di fatto hanno “impedito un governo di transizione militare”.
“Si è in attesa di questo governo per ristabilire un minimo di legalità e di sicurezza, oltre che per pianificare le elezioni politiche”.
Il Nobel Yunus, lodato all’estero ma criticato internamente. “Yunus è certamente più apprezzato all’estero che nel suo Paese – conferma -. La sua banca dei poveri, che aveva avuto l’intuizione di investire sulle donne, rimane una banca, non prefiggendosi primariamente la rimozione della povertà estrema. Studi mostrano inoltre che per una mentalità sbagliata dei beneficiari, che chiedono un prestito ma non per investimenti produttivi, là dove il microcredito è diffuso non è diminuita ma spesso è aumentata la povertà”.
Yunus aveva cercato di entrare nell’arena politica, ma con scarsi risultati e Hasina tentò di eliminarlo dalla scena politica: “Non è dunque a caso che il comitato degli studenti probabilmente lo ha indicato come leader del governo di transizione, oltre per il suo indiscusso prestigio internazionale”. Difficile dire se sia la persona giusta al posto giusto. Secondo la fonte
“l’aspetto positivo è che è un volto nuovo nello scenario politico del Paese”
ed “impedisce ai partiti Bnp o al Jamaat-e-Islami di ripresentarsi sulla scena”.
Qual è la situazione della comunità cristiana? “Le comunità minoritarie del Paese, sia religiose che etniche, si sono sempre schierate per lo Awami League. Certamente qualcuno ha preso parte alle proteste studentesche iniziali, ma dopo le dimissioni di Hasina, in particolare gli indù, ma anche cristiani, sono immediatamente diventati oggetto di odio e di persecuzione come storici sostenitori del partito secolare della Hasina.
C’è paura di ritorsioni e violenze semplicemente perché si è identificati con il partito al governo fino a qualche giorno fa.
Alcune case e proprietà delle comunità etniche minoritarie sono state distrutte o danneggiate, ma non sembra ci siano stati morti, almeno fino ad ora”.
I vescovi cattolici finora non hanno preso posizione. L’arcivescovo di Dhaka è all’estero, c’è stato solo un appello alla pace dell’ex arcivescovo, card. Patrick D’Rozario. Il vicario generale di Dhaka, dopo aver comunicato con l’arcivescovo, “ha inviato una comunicazione nella quale scriveva che la comunità cristiana, come quella indù, è ora un target di questi militanti”.
L’auspicio della fonte è “un ristabilimento dell’ordine e della pace, essenziale, oltre che per non danneggiare ulteriormente persone e beni, anche per la ripresa economica”. E che “non si ricada in una politica corrotta e di parte, ma è difficile immaginare come questo movimento studentesco e della società civile potrà impedire tale deriva”. A suo parere “fa infine molto male la lettura totalmente ideologica di questo momento e l’ingratitudine nei confronti di una leader che, pur avendo compiuto errori, aver abusato del suo potere e, in queste ultime settimane, aver decisamente tentato di soffocare nella violenza la protesta, ha indubbiamente fatto molto per lo sviluppo del Paese e ha mantenuto un clima secolare dove le minoranze etniche e religiose erano certamente meglio integrate nel Paese”.
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