Assemblea sinodale
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Al lavoro per l'Assemblea sinodale

La cabina di regia: un "pensatoio" di trenta membri scelti dal Vescovo e dal Consiglio episcopale

Al lavoro per l'Assemblea sinodale

Come sappiamo, il cammino dell’Assemblea Sinodale è cominciato ufficialmente lo scorso 10 aprile. Negli articoli che sono stati pubblicati su Il Popolo durante il mese di maggio, abbiamo appreso che questo sarà un percorso lungo, con dei ritmi di marcia precisi che passeranno dall’ascolto del territorio al confronto tra tutti i membri delle nostre comunità parrocchiali e - ci auguriamo - portino ad una riflessione che possa generare processi nuovi all’interno della nostra amata chiesa.
Da qualche settimana è cominciata la distribuzione dei due quaderni di lavoro.
Il primo, detto orientamenti, è uno strumento di riflessione teologica che ci permette di entrare bene nel tema "Rimessi in cammino per un nuovo annuncio del Vangelo".
Il secondo è lo strumento che accompagnerà tutta la fase di ascolto, dove vengono presentate i quattro punti nodali che fanno da base perché si generino più ampi confronti.
Tutto questo materiale, come anche tutto ciò che verrà più avanti, è frutto di una condivisione e di un lavoro condiviso tra la Presidenza dell’Assemblea e la Segreteria Generale costituita proprio per generare un "pensatoio", un luogo di confronto, una cabina di regia che prepara e accompagna i lavori dell’Assemblea durante tutto il cammino. Si tratta di 30 membri, scelti dal vescovo e dal suo Consiglio Episcopale.
E’ costituita da sacerdoti e laici, religiosi e religiose, tra i laici ci sono famiglie, adulti e giovani. Tutti scelti non solo per il servizio che attualmente svolgono nelle proprie realtà parrocchiali o diocesane, ma anche per l’esperienza e la passione con cui vivono la propria fede.
Una cosa li accomuna tutti: il desiderio grande di aiutare la chiesa a proseguire il proprio cammino, generando processi nuovi, aiutandola a percorrere nuovi sentieri che attendono il suo passaggio. Con suo decreto, il vescovo li ha nominati e poi ha comunicato pubblicamente le loro disponibilità. Tutti loro hanno accolto con entusiasmo e grande senso di responsabilità questo incarico, mostrando sin da subito profondità di vedute e coraggio evangelico.
La Commissione si è riunita per la prima volta lo scorso 15 marzo, purtroppo solo in video conferenza, poiché ci trovavamo in piena zona rossa, e poi una seconda volta a fine aprile in modalità mista tra presenze reali e presenza virtuali. L’augurio è che il prossimo incontro possa celebrare anche un ritorno alla modalità che più ci piace: lo stare insieme!
Certo, ci siamo chiesti più volte - e se lo saranno chiesti anche altri - se fosse opportuno dare inizio a questo cammino in un periodo storico così difficile per l’umanità.
Nel discernimento non ha prevalso la "voglia di fare" a tutti i costi, piuttosto l’urgenza di sottolineare che quel "rimessi in cammino" era già in atto. La pandemia ha arrestato certamente le attività di tutti ma non ha interrotto il cammino della chiesa che, come accaduto ai discepoli di Emmaus, è in cammino verso Gerusalemme. Lo era prima della pandemia e lo è anche durante! Un cammino che mi piace definire "senza fretta ma senza sosta". Nessuno ha fretta di arrivare primo o di precedere altri.
La Timeline ovvero la linea del tempo tracciata è solo indicativa, cioè indica la direzione e le tappe ma per i tempi sappiamo che "Ciò che cresce lentamente mette radici profonde", come ci insegna la saggezza dei popoli Bantu. Ma al di là di ogni possibile ragionamento ciò che ci auguriamo di vero cuore è che tutti i fedeli delle nostre comunità possano sentire questa come un’occasione per parlare, confrontarsi anche su argomenti spinosi e dare suggerimenti o tracciare linee perché con metodo sinodale si possa generare e poi attuare un cambiamento.
Alex Zappalà

DOCUMENTO DI RIFERIMENTO di PAPA FRANCESCO

Dal discorso del Santo Padre Francesco ai membri del collegio cardinalizio e della curia romana per la presentazione degli auguri natalizi
(21 dicembre 2021)

Fratelli e sorelle,
questa riflessione sulla crisi ci mette in guardia dal giudicare frettolosamente la Chiesa in base alle crisi causate dagli scandali di ieri e di oggi […]
Una lettura della realtà senza speranza non si può chiamare realistica. La speranza dà alle nostre analisi ciò che tante volte i nostri sguardi miopi sono incapaci di percepire.
Dio continua a far crescere i semi del suo Regno in mezzo a noi. […] Anche il nostro tempo ha i suoi problemi, ma ha anche la testimonianza viva del fatto che il Signore non ha abbandonato il suo popolo, con l’unica differenza che i problemi vanno a finire subito sui giornali - questo è di tutti i giorni - invece i segni di speranza fanno notizia solo dopo molto tempo, e non sempre.
Chi non guarda la crisi alla luce del Vangelo, si limita a fare l’autopsia di un cadavere: guarda la crisi, ma senza la speranza del Vangelo, senza la luce del Vangelo. Siamo spaventati dalla crisi non solo perché abbiamo dimenticato di valutarla come il Vangelo ci invita a farlo, ma perché abbiamo scordato che il Vangelo è il primo a metterci in crisi.E’ il Vangelo che ci mette in crisi. Ma se troviamo di nuovo il coraggio e l’umiltà di dire ad alta voce che il tempo della crisi è un tempo dello Spirito, allora, anche davanti all’esperienza del buio, della debolezza, della fragilità, delle contraddizioni, dello smarrimento, non ci sentiremo più schiacciati, ma conserveremo costantemente un’intima fiducia che le cose stanno per assumere una nuova forma, scaturita esclusivamente dall’esperienza di una Grazia nascosta nel buio. "Perché l’oro si prova con il fuoco e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore" (Sir 2,5).
Infine, io vorrei esortarvi a non confondere la crisi con il conflitto: sono due cose diverse. La crisi generalmente ha un esito positivo, mentre il conflitto crea sempre un contrasto, una competizione, un antagonismo apparentemente senza soluzione fra soggetti divisi in amici da amare e nemici da combattere, con la conseguente vittoria di una delle parti.
La logica del conflitto cerca sempre i "colpevoli" da stigmatizzare e disprezzare e i "giusti" da giustificare per introdurre la consapevolezza - molte volte magica - che questa o quella situazione non ci appartiene. Questa perdita del senso di una comune appartenenza favorisce la crescita o l’affermarsi di certi atteggiamenti di carattere elitario e di "gruppi chiusi" che promuovono logiche limitative e parziali, che impoveriscono l’universalità della nostra missione. "Quando ci fermiamo nella congiuntura conflittuale, perdiamo il senso dell’unità profonda della realtà" (Esort. ap. Evangelii gaudium, 226).
La Chiesa, letta con le categorie di conflitto - destra e sinistra, progressisti e tradizionalisti - frammenta, polarizza, perverte, tradisce la sua vera natura: essa è un Corpo perennemente in crisi proprio perché è vivo, ma non deve mai diventare un corpo in conflitto, con vincitori e vinti. Infatti, in questo modo diffonderà timore, diventerà più rigida, meno sinodale, e imporrà una logica uniforme e uniformante, così lontana dalla ricchezza e pluralità che lo Spirito ha donato alla sua Chiesa.
La novità introdotta dalla crisi voluta dallo Spirito non è mai una novità in contrapposizione al vecchio, bensì una novità che germoglia dal vecchio e lo rende sempre fecondo. Gesù usa un’espressione che esprime in maniera semplice e chiara questo passaggio: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24). L’atto di morire del seme è un atto ambivalente, perché nello stesso tempo segna la fine di qualcosa e l’inizio di qualcos’altro. Chiamiamo lo stesso momento morte-marcire e nascita-germogliare perché sono la medesima cosa: davanti ai nostri occhi vediamo una fine e allo stesso tempo in quella fine si manifesta un nuovo inizio.
In questo senso, tutte le resistenze che facciamo all’entrare in crisi lasciandoci condurre dallo Spirito nel tempo della prova ci condannano a rimanere soli e sterili, al massimo in conflitto. Difendendoci dalla crisi, noi ostacoliamo l’opera della Grazia di Dio che vuole manifestarsi in noi e attraverso di noi. Perciò, se un certo realismo ci mostra la nostra storia recente solo come la somma di tentativi non sempre riusciti, di scandali, di cadute, di peccati, di contraddizioni, di cortocircuiti nella testimonianza, non dobbiamo spaventarci, e neppure dobbiamo negare l’evidenza di tutto quello che in noi e nelle nostre comunità è intaccato dalla morte e ha bisogno di conversione. Tutto ciò che di male, di contraddittorio, di debole e di fragile si manifesta apertamente ci ricorda con ancora maggior forza la necessità di morire a un modo di essere, di ragionare e di agire che non rispecchia il Vangelo. Solo morendo a una certa mentalità riusciremo anche a fare spazio alla novità che lo Spirito suscita costantemente nel cuore della Chiesa. I Padri della Chiesa erano consapevoli di questo, che chiamavano "la metanoia".
Sotto ogni crisi c’è sempre una giusta esigenza di aggiornamento: è un passo avanti. Ma se vogliamo davvero un aggiornamento, dobbiamo avere il coraggio di una disponibilità a tutto tondo.
Papa Francesco

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